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La Lega da Bossi a Salvini: secessione continua

È del tutto comprensibile che all’indomani delle ultime elezioni regionali emiliane si stia parlando tanto di Matteo Salvini.
Sono state svolte valutazioni complessivamente condivisibili, anche se si tende troppo ad accentuare la differenza tra il Bossi della “Padania libera” e il Salvini del “basta euro” e “basta immigrati”.

Vi è infatti al contrario e ad un tempo sia una sostanziale continuità per così dire secessionistica tra la Lega Nord di Bossi e la tendenziale Lega italiana di Salvini, sia una evidente differenza tra la proposta politica originaria della Lega Nord e la proposta politica attuale di Matteo Salvini.
È opportuno pertanto porre soprattutto l’attenzione sugli elementi di continuità, anche perché viene in evidenza il rapporto tra la Lega e Berlusconi: quest’ultimo rappresenta infatti la sostanziale continuità anche del rapporto con la Lega, mentre Salvini tende in vari modi a porre in evidenza una sua discontinuità, più che con Bossi, con la Lega di Bossi.

Lo slogan “Roma ladrona” costituiva infatti il punto di emersione della “agognata” secessione della “Padania” dall’Italia.
Questo slogan infatti non aveva certamente come obiettivo i romani in quanto persone fisiche, ma proprio il fatto che Roma in quanto capitale d’Italia, veniva accusata di essersi appropriata anche dell’uso di risorse prodotte dai territori ai quali faceva riferimento la Lega.
Con gli slogan attuali “basta euro” e “basta immigrati”, si tende invece in qualche misura ad essere propositori di una “secessione” dell’Italia tutta rispetto all’Europa e, in prospettiva, dell’Europa stessa dal resto del mondo.

L’euro, infatti, prende oggi il posto di “Roma ladrona”, mentre la potenziale “secessione” dell’Europa dal resto del mondo costituisce lo sfondo culturale e politico dello slogan “basta immigrati”, affermando che questi costituiscono una sorta di potenziale “aggressione” non solo all’Italia ma all’Europa tutta.
Al fondo culturale di questa sostanziale continuità vi è pertanto una lettura “sociologica” del fenomeno leghista: il valore tendenzialmente assoluto della propria comunità territoriale vissuta in termini di identità civile, economica ed etnica allo stesso tempo.

Di fronte a questa sostanziale continuità si è posto fin dall’inizio il problema della combinazione della identità territoriale locale con il governo complessivo del Paese.
Si è trattato all’inizio di riuscire a far convivere la affermata volontà secessionistica della Lega di Bossi con una riforma sostanzialmente federalista dello Stato nazionale.
Fu questo l’obiettivo di fondo della riforma costituzionale approvata tra il 2003 e il 2005, successivamente respinta dal referendum popolare nel 2006 all’indomani della contestata seconda vittoria di Romano Prodi.

Quel tentativo costituì la dimostrazione della capacità di Forza Italia di essere perno allo stesso tempo di una alleanza che allo stesso tempo comprendeva l’Udc, Alleanza nazionale, e appunto la Lega Nord.
Quella alleanza costituì il punto politico di approdo della legislatura iniziata nel 2001 e vide infatti prevalere anche culturalmente l’idea di coalizione (Casa della libertà) rispetto al successivo e fallimentare tentativo della costruzione del Popolo della libertà.

Risulta oggi meno sicuro l’approdo della Lega di Matteo Salvini ad una sostanziale proposta politica capace di mettere insieme soggetti politici dichiaratamente europeisti, sia che questi siano strutturalmente favorevoli all’euro (come nel caso dei soggetti che tentano a dar vita ad una sorta di nuovo Partito popolare italiano che faccia capo al Partito popolare europeo), sia che siano polemici sull’euro ma pur sempre all’interno del progetto attuale di integrazione europea (come nel caso di Forza Italia, che appunto fa parte del Partito popolare europeo).
Questo costituisce oggi il punto politico della difficile combinabilità della sfida di Matteo Salvini con l’approdo a una proposta di governo.

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