Nella società contemporanea il ruolo della diplomazia è profondamente cambiato: in tutte le cancellerie del mondo è in corso una appassionata discussione su come i ministeri degli esteri devono rinnovarsi per rispondere alle esigenze del nostro tempo. Una cosa tuttavia non è cambiata: per i governi la rete diplomatica resta lo strumento fondamentale per analizzare la reputazione internazionale della propria Nazione. Solo la diplomazia dispone, infatti, dei sensori in grado di cogliere in profondità le percezioni delle élites straniere e di scavare sotto la punta dell’iceberg delle rappresentazioni mediatiche e delle opinioni pubbliche.
La nomina di Paolo Gentiloni a Ministro degli Esteri è una occasione propizia per fare il punto sulla reputazione internazionale dell’Italia. Partiamo dai punti di forza su cui la Farnesina e Palazzo Chigi possono far leva. L’Italia ha un’ottima reputazione in almeno quattro aree:
a) l’affidabiltà delle missioni militari all’estero;
b) la capacità di migliaia di medie imprese ben radicate sui mercati internazionali;
c) l’attrattività del paesaggio, dei beni artistici, della lingua e della cultura italiana;
d) le punte di eccellenza nella ricerca scientifica e tecnologica;
In teoria a queste quattro si potrebbe aggiungere un quinto asset: in giro per il mondo ci sono ottime energie italiane nelle organizzazioni umanitarie e nel volontariato, ma negli ultimi 25 anni nessun governo ha capito l’importanza strategica che la cooperazione allo sviluppo riveste nell’attuale scenario mondiale.
Passiamo ora ad esaminare i punti di debolezza che nuocciono alla reputazione internazionale dell’Italia. Indico alcuni esempi che mi vengono in mente, ma ci vorrebbe un lavoro analitico di ben altro respiro che esula ovviamente dalle possibilità di un articolo on-line.
Partirei dalla grande criminalità organizzata. L’altra sera ho ascoltato a Firenze un appassionato e lucido intervento di Emanuele Macaluso che presentava il suo ultimo libro. Partendo dalla sua esperienza nella Sicilia degli anni ’40 Macaluso ha rilanciato con grande energia il tema – ancora attualissimo – di come combattere la grande criminalità organizzata in Campania, Puglia, Calabria e Sicilia e di come colpire le sue vaste ramificazioni internazionali. Su questo piano molto è stato fatto, ma altrettanto resta da fare. Questo fronte – a mio avviso – è uno dei più importanti su cui si gioca la reputazione internazionale dell’Italia, oltre che il futuro del mezzogiorno.
Privatizzazioni: questo è un secondo ambito su cui riflettere. A mio avviso sarebbe utile adottare un approccio caratterizzato da una maggiore coerenza. Quando si cedono quote di società partecipate (per esempio controllate dalla CdP) il prezzo finale di vendita deve essere sempre il risultato di una effettiva e trasparente competizione internazionale; altrimenti non possiamo meravigliarci se i grandi investitori istituzionali diventano diffidenti nei nostri confronti.
Giustizia e Sicurezza. Un terzo tema è il complesso rapporto tra amministrazione della giustizia e sicurezza internazionale. In un mondo sempre più interconesso la lotta al terrorismo richiede una sempre più stretta cooperazione con le agenzie di intelligence dei paesi alleati. Non ho le competenze giuridiche per commentare le più recenti sentenze della Cassazione in materia di segreto di Stato. E’ tuttavia evidente che un tema si pone per il futuro. Se per qualche motivo entra in campo la magistratura l’Italia non può dare la sensazione che possa esserci una disparità di trattamento tra funzionari italiani e funzionari di paesi alleati.
Rivoluzione digitale. Un ultimo esempio riguarda l’area sempre più pervasiva del Cyber. E’ il quinto dominio in termini di dottrina strategica, ma presto sarà ancora di più. E’ in atto una rapida e crescente convergenza tra mondo virtuale e mondo reale. La politica internazionale dell’era digitale presenta, inoltre, alcune caratteristiche inedite. Chi volesse approfondire il tema può leggere questo mio contributo (per leggere clicca qui).
Per l’Italia conservare la reputazione internazionale significa colmare i ritardi accumulati (sottolineati recentemente anche dal sottosegretario De Rio) e adottare misure normative ed organizzative che ci consentano di essere all’altezza delle nuove sfide digitali.
Come ho accennato in apertura di questo articolo, il Ministero degli degli Esteri non è ovviamente soltanto il “custode” della reputazione internazionale dell’Italia; esso ha un ruolo propulsivo e di iniziativa politica in tutte le istituzioni internazionali, nella UE e nei rapporti bilaterali. Spero tuttavia che questi appunti limitati al tema della reputazione internazionale dell’Italia possano essere utili a Paolo Gentiloni.