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Come cambia l’occupazione. I numeri oltre le teorie

“Eppure si muove”. Il tasso di disoccupazione alla fine del terzo trimestre dell’anno in corso si attesta al 12,6%, un livello da cui il mercato del lavoro sembra incapace di lasciarsi alle spalle. Si intravedono, però, alcune modifiche – modeste ma significative – per quanto riguarda l’occupazione giovanile nelle coorti (tra i 15 e i 24 anni, quelle che ormai vengono prese a riferimento): il tasso di occupazione cresce dello 0,2% rispetto al mese precedente e dello 0,5% rispetto ai precedenti 12 mesi.

Anche il tasso di disoccupazione giovanile vede una piccolissima inversione di tendenza (-0,8% sul mese precedente) in un contesto complessivo caratterizzato da un incremento del trend negativo pari a 58mila unità. Più interessante, la diminuzione degli inattivi (-0,9% e -2,1% nei confronti di un anno prima) sta a significare che i giovani si mettono in numero maggiore sul mercato in cerca di un impiego. I dati delle comunicazioni obbligatorie ci dicono che la riforma del contratto a termine sta producendo degli effetti sul piano delle assunzioni, anche se rimane tuttora d’ostacolo il ‘’generale inverno’’ della crisi economica.

Come vedremo fra poco la flessibilità ‘’buona’’ (il nuovo contratto a termine) ha scacciato quote consistenti di flessibilità ‘’cattiva’’ (le collaborazioni e le partite Iva, per esempio), in quanto la liberalizzazione progressiva del contratto a tempo determinato è stata accompagnata dal precedente giro di vite sui rapporti atipici, di cui alla legge n.92/2012 (la riforma Fornero, appunto). Secondo un recente studio dell’Osservatorio dei lavori, che ha preso a riferimento i dati della Gestione separata presso l’Inps, nel 2013, rispetto al 2012, i parasubordinati sono diminuiti di 166.867 unità (- 11,7%), i professionisti con partita Iva di 3.740 unità (- 1,27%) secondo l’Inps; quest’ultimi, di 11.757 (- 4%) secondo stime realizzate e contenute nello studio.

Contrariamente a quanto si crede tali categorie di lavoratori sono quelle che hanno subito i tagli più vistosi dalla crisi e, nell’ultimo anno della ricerca, hanno subìto anche la penalizzazione normativa loro imposta dalla legge Fornero, ‘’la quale imponeva – è scritto nello studio – nel tentativo di aumentare il costo di questi contratti e ‘favorire’’ lo spostamento verso il lavoro dipendente, l’introduzione per i collaboratori dei minimi tabellari dei dipendenti’’. Dal 2007 al 2013, i contribuenti ‘’collaboratori’’ sono passati da 1,67 milioni ad 1,25 milioni (con una diminuzione di oltre 400mila unità pari al 24,7% di cui circa 167mila nell’ultimo anno, a legge n.92/2012 in vigore). Pur essendo in calo anch’essi nel 2013, negli anni della crisi sono aumentati (quasi del 31% dal 2007) i professionisti (questa è la definizione che attribuisce loro la Gestione separata) titolari di partita Iva, passando da 222mila a 291mila (altro che i milioni, come lasciano credere le solite leggende metropolitane che mettono in conto anche le partite Iva delle aziende!).

I lavoratori parasubordinati, in Italia, con il loro reddito (24 miliardi nel 2013) assicurano all’Inps un gettito annuo di 5,8 miliardi. Aggiungendo a tale ammontare anche il Pil prodotto dai professionisti si arriva a 29 miliardi con un gettito contributivo che sfiora i 7 miliardi annui. Mediamente, in Italia i parasubordinati hanno percepito 19.155 nel 2013 e 18.073 nel 2012. E’ significativo – se si vogliono sfatare i tanti luoghi comuni – osservare la composizione sociale dei contribuenti iscritti, nelle diverse categorie di lavoratori parasubordinati, alla Gestione separata. Su 1,25 milioni, 506mila – ci limitiamo a ricordare alcuni casi – sono amministratori e sindaci di società (con un reddito complessivo di 16 miliardi; 31,8mila che innalzano notevolmente la media annua della Gestione); 12.335 partecipanti a collegi e a commissioni; 52mila giovani alle prese con un dottorato di ricerca; 28,6mila medici in formazione. Il paradosso vuole che i dottori di ricerca (con un reddito medio rispettivo di 13,8mila e di 18,7mila Euro) guadagnano di più durante il periodo di formazione rispetto alla retribuzione che potrebbero percepire una volta entrati nel mercato del lavoro.

I collaboratori a progetto, i ‘’dannati della terra’’, sono poco più di 500mila, hanno percepito, nel 2013, un reddito superiore a 5 miliardi (10,2mila euro in media). Corre voce che, nel dare attuazione al Jobs Act Poletti 2.0, il Governo abolirà o ridimensionerà ancora di più le tipologie riconducibili alle collaborazioni. Consigliamo prudenza visto che su 1,2 milioni, 720mila hanno più di 40 anni. Ben 751mila sono uomini e 508mila sono donne. Ovviamente, non è detto che tutti costoro vivano del solo reddito (altro luogo comune) per il quale devono iscriversi alla Gestione separata (i dati degli amministratori di società stanno a dimostrarlo), ma molti usufruiscono soltanto di questa opportunità. Perduta la quale rimangono la disoccupazione o il lavoro nero.

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