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Libia, che cosa succederà dopo lo scioglimento del Parlamento

Il caso istituzionale in Libia ha raggiunto forse il suo culmine, dopo che oggi la Corte suprema del Paese ha disposto lo scioglimento del parlamento nato dalle elezioni del 25 giugno, compromettendo anche la legittimità del governo di Abdullah al-Thinni.

PARLAMENTO INVALIDATO

L’organismo – riferisce l’agenzia Lana – ha di fatto reso nullo l’esito delle elezioni, ordinando lo scioglimento dell’assise, riconosciuta dalla Comunità internazionale. La decisione è scaturita a seguito del ricorso presentato da deputati islamisti, che aveva chiesto alla Corte di esprimere un giudizio sulla costituzionalità dell’assemblea.

In particolare, ad essere sotto accusa sono state le riunioni a Tobruk del nuovo Parlamento. Secondo la costituzione provvisoria libica, l’insediamento del Parlamento dovrebbe tenersi a Tripoli e riunirsi a Bengasi.

UN PAESE DIVISO

Invece, la situazione è da tempo insostenibile, in un Paese che era fino a poche ore fa diviso in tre parti. Tripoli è sotto il controllo dei filo-islamici di Misurata (accusati nelle ultime ore anche della sparizione de “La bella e la gazzella”, la statua di bronzo risalente all’epoca dell’occupazione italiana, divelta dal suo piedistallo nella fontana sul lungomare della capitale libica), Bengasi del “Califfato” di Ansar al Sharia, mentre Tobruk è per l’appunto il luogo d’esilio del Parlamento eletto due mesi fa, ora sciolto.

Il verdetto rischia di compromettere ancora di più l’equilibrio precario in cui versa lo Stato mediterraneo, che dalla cacciata di Muammar Gheddafi nel 2011 è afflitto dalla piaga di un conflitto combattuto da fazioni e milizie armate di tutto punto, che continuano a mietere morte e a causare distruzione.

L’INTERVENTO ESTERNO

Crescono sempre più la necessità e il consenso attorno a un un intervento militare, sempre più difficile da scongiurare dopo il fallimento di tutti gli sforzi diplomatici messi in campo negli scorsi mesi. A condurlo potrebbero essere i Paesi confinanti come l’Egitto o una coalizione occidentale, nella quale l’Italia avrebbe un ruolo di primo piano. Che qualcosa si stia muovendo – aveva svelato Formiche.net – lo dimostra la visita che l’inviato speciale dell’Onu per la Libia, lo spagnolo Bernardino Leon, ha tenuto riservatamente in Italia nei giorni scorsi. Roma potrebbe essere il luogo che ospiterà a breve un nuovo vertice internazionale sulle sorti di Tripoli, come quello avvenuto lo scorso 6 marzo.

LE PAROLE DI PINOTTI E GENTILONI

E proprio dall’Italia è arrivato un appello forte a non sottovalutare la crisi libica. Dopo le parole del ministro della Difesa Roberta Pinotti, che in visita al Cairo nel passato weekend, si è detta disponibile “a dare una mano a costituire delle forze armate in grado di tenere in sicurezza la Libia e a fornire anche armi“, sul tema è intervenuto oggi anche il nuovo titolare della Farnesina, Paolo Gentiloni.

Al suo arrivo stamane a Palazzo Madama per la Conferenza interparlamentare per la Politica estera e di sicurezza comune, il ministro degli Esteri ha definito lo scioglimento del Parlamento “una notizia non incoraggiante“, che rischia “di complicare ulteriormente un quadro già complicato” e conferma “la necessità di rilanciare l’iniziativa dell’inviato delle Nazioni unite, per ricomporre una situazione che impatta direttamente sul nostro Paese“.

EVITARE LA GUERRA CIVILE

La situazione nel Mediterraneo, ha aggiunto, è “difficile” e ha sottolineato che “l’importante è che l’Italia svolga il suo ruolo con l’Ue e che si rilanci l’iniziativa per la ricomposizione in Libia di un clima favorevole“.

L’Italia, ha rimarcato Gentiloni, sostiene “lo sforzo per impedire un ulteriore deterioramento della situazione” in Libia, “uno scivolamento verso la guerra civile: rischio è molto grande“, come aveva anticipato su queste colonne Mattia Toaldo, analista presso lo European Council on Foreign Relations di Londra.



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