Prende forma il piano anti-terrorismo annunciato a settembre alla Camera dei Comuni da David Cameron.
LONDON CALLING
Dal Parlamento di Canberra, in Australia, dove si trova, per partecipare al vertice del G-20, il premier britannico ha detto che il governo è “pronto a introdurre nuove leggi” per scongiurare il ritorno nel suo territorio dei jihadisti con passaporto del Paese, i cosiddetti foreign fighters.
LE NUOVE MISURE
La risposta britannica al terrore, riporta il Guardian, prevederà tra l’altro la confisca dei passaporti dei sospetti. Il testo, che dovrebbe essere discusso in Parlamento già nel mese di novembre, include misure pesantissime, come il blocco del ritorno nel Regno Unito per almeno due anni alle persone che hanno combattuto in Siria e Irak con lo Stato Islamico o in altri teatri di guerra. Una scelta non di poco conto, se si calcola che secondo stime dell’Icsr, presentate a settembre all’Onu (sotto l’infografica), sarebbero più di 500 i musulmani britannici reclutati dallo Stato islamico e almeno 24 di loro sono morti in combattimento. Gli effetti delle scelte britanniche, se non rispettate, si ripercuoteranno sulle compagnie aeree. La nuova legge prevederà infatti che le linee che non si atterranno alle liste di divieto di volo – fornite da Londra – non saranno più autorizzate ad atterrare nel Regno Unito.
I FOREIGN FIGHTERS IN SIRIA E IRAK [INFOGRAFICA]
(clicca sull’immagine per ingrandire – fonte: Icsr/Afp)
LE CRITICHE
Del piano Cameron, studiato di concerto con i servizi d’Intelligence, con Scotland Yard e con l’home secretary Theresa May, si discute vivacemente in patria. Le obiezioni sono molte e riguardano – rimarca Channel4 – l’opportunità o addirittura la legalità nel vietare l’entrata nel Paese, in mancanza di illeciti provati, a cittadini che rimangono pur sempre britannici o, come sottolinea l’Economist, la mancanza di misure di riabilitazione per gli individui più fragili che non sono veri terroristi, ma che sono stati attratti dal messaggio jihadista in un momento di debolezza, fragilità o confusione.
IL MONDO S’INTERROGA
Downing Street sembra però intenzionata a non cambiare idea. A distanza di 13 anni dall’11 Settembre, la minaccia del terrorismo torna centrale nelle politiche dei Paesi occidentali. La sparatoria al Parlamento di Ottawa, in Canada, è l’ultimo episodio rilevante che ha scatenato un’allerta diffusa, che coinvolge, come ricordato dallo stesso Cameron in Australia, il ruolo dei giganti della Rete. In una guerra che vede le nuove tecnologie come principale mezzo di reclutamento e propaganda a basso costo, il premier britannico – racconta il Mirror – ha chiamato in causa in particolare agli internet service provider – BT, Virgin, Sky e Talk Talk – o motori di ricerca come Google e Yahoo!, ai quali ha chiesto più celerità nel segnalare ed oscurare contenuti pericolosi.
L’ITALIA E L’EUROPA
Secondo Andrea Manciulli, presidente della delegazione italiana presso l’Assemblea parlamentare della Nato e direttore del rapporto sul ruolo dei Paesi del Golfo nella crisi del Mediterraneo e nella lotta al terrorismo internazionale,”la scelta di Londra è importante, perché va nella direzione giusta“. Sarebbe però “altrettanto opportuno“, dice a Formiche.net, che ci fosse una reazione coordinata e che l’Europa “si dotasse di strumenti omogenei“. Per fronteggiare “una minaccia globale, come quella del terrorismo, servono risposte comuni, che non disperdano l’efficacia dei singoli provvedimenti. Il mio auspicio è che ci sia una regia europea sul tema, che agisca in coordinamento molto forte con gli Usa e gli altri Paesi occidentali“. Per quanto riguarda Roma, “anche l’Italia sta lavorando ad un aggiornamento degli strumenti di legislazione, un lavoro che – conclude Manciulli – seguo da vicino e ritengo positivo“.