Si fa un gran parlare delle caratteristiche sessuali, somatiche e politiche del nuovo Capo dello Stato: uomo o donna? (non è ancora infatti tempo di gay e transgender); bello o brutto? (siamo infatti in tempi di talk show); di destra o di sinistra italiane? (non sembra che vi siano più i tempi di un centro capace di portare all’unanimità che elesse Francesco Cossiga).
Non sembra invece che si stia parlando a sufficienza del raccordo costituzionale che Renzi sta sostenendo proprio nel momento stesso in cui cambia la prospettiva elettorale, passando dal premio alla coalizione al premio a una lista, con soglie di sbarramento e preferenze ancora da definire.
Occorre infatti aver presente che Renzi sta progressivamente consolidando una prospettiva politica e non solo personale: una sinistra che guarda al centro.
In questi contesto, si realizza in termini particolarmente significativi la vocazione maggioritaria che è stata fin dall’inizio la cifra politica del Partito democratico, sia al tempo di Veltroni sia e soprattutto nell’attuale modello renziano.
In questo contesto assume particolare rilievo la novità radicale del ruolo costituzionale del Quirinale: da soggetto che concorre al governo del Paese a soggetto destinato a far poche cose oltre al tagliare nastri.
Nella affermazione di una sorta di elezione quasi diretta del Presidente del Consiglio, senza che si prevedano contemporaneamente nuove elezioni (come invece avviene proprio in riferimento all’elezione del Sindaco), non residua più alcun sostanziale potere di governo del Capo dello Stato.
Saremmo pertanto in presenza di una sorta di ibrido costituzionale tra una qualche forma di tendenziale presidenzialismo governativo e una forma quasi esclusivamente notarile del Capo dello Stato.
Saremmo pertanto in presenza di un sistema che non è né quello presidenziale statunitense ( che infatti non prevede alcun soggetto di governo distinto dal Presidente degli Stati Uniti); né quello cosiddetto semi-presidenziale francese ( che prevede due elezioni popolari distinte, una per eleggere il Presidente della Repubblica francese e l’altro per eleggere i deputati, chiamati a loro volta non ad eleggere un governo ma solo a revocare la fiducia al governo, eletto questo a sua volta dal Presidente della Repubblica); né quello parlamentare britannico che ha al vertice istituzionale un monarca di grandi tradizioni nobiliari; né quello parlamentare tedesco, che ha un Presidente della Repubblica senza funzioni attive di governo, e un governo federale pur sempre di coalizione che giunge fino al punto di formare governi di larghe intese.
Il modello renziano si sta infatti svolgendo nel senso di costruire un forte Partito democratico a vocazione maggioritaria solitaria, lasciando al centro-destra una stagione politica ancora lunga se si riuscirà a costruire una vera e propria alternativa di governo a Renzi.
Occorre peraltro aver presente che siamo in una stagione sempre più caratterizzata da un processo di convergenza europeistica, anche se fortemente contrastato proprio in rifermento all’euro.
Ne consegue che sarà pertanto necessario per Matteo Renzi, anche per eleggere un nuovo Presidente della Repubblica, cercare un’intesa con i popolari europei ( e soprattutto con i popolari tedeschi) quando Giorgio Napolitano deciderà di concludere in proprio mandato.
Più che sulle caratteristiche sessuali e somatiche del nuovo Presidente della Repubblica, occorrerà pertanto guardare con attenzione proprio alle caratteristiche politiche del tutto nuove che il modello renziano finirebbe con il precostituire per in nuovo Presidente della Repubblica nel contesto dell’integrazione europea.