Giù le mani dalla Rai. O no? Il presidente del Consiglio ha sempre ripetuto che il suo non farà come gli altri governi, che la Rai è un’azienda indipendente e non sarà al centro di manovre politiche come in passato. Anzi, per mesi l’ha ignorata, quasi evitata. Tanto da non ricevere neppure il direttore generale, Luigi Gubitosi.
Non si comprende dunque perché ora proprio quel governo si scandalizzi e si lamenti se la Rai decida di fare ricorso contro i 150 milioni di prelievo dal canone; misura voluta da Palazzo Chigi. Un atto libero di essere intrapreso e legittimo per un’azienda indipendente, no? Tanto più che quei 150 milioni versati dai cittadini erano destinati alla televisione di Stato, non certo alla politica.
“Ci siamo spesso chiesti cosa sarebbe accaduto se fosse stato un altro governo, per esempio un governo Berlusconi, a sottrarre alla Rai una parte del canone già versato dai cittadini: crediamo che in molti settori della società vi sarebbe stata una vivace opposizione. Ma l’indipendenza del servizio pubblico dall’esecutivo, tutelata anche attraverso il canone destinato a finanziarlo, è un valore da tutelare a prescindere da chi è al potere”, hanno spiegato in una nota i consiglieri d’amministrazione Gherardo Colombo e Benedetta Tobagi che hanno firmato a favore del ricorso.
Il governo Renzi invece indossa l’elmetto. E se ieri pomeriggio si è rallegrato e fatto i complimenti al Servizio pubblico per le logiche di mercato che hanno portato al successo del debutto in borsa di Ray Way, poi, attraverso le parole del sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli, le ha condannate promettendo di andare avanti “per liberare il servizio pubblico dalle vecchie logiche che ne hanno bloccato lo sviluppo”.
Delle due, l’una. O la politica accetta davvero l’indipendenza del Servizio pubblico o Renzi dica chiaramente che nulla è cambiato rispetto al passato e quindi che, come sempre, chi è al governo gestisce la Rai. Anche lui.