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Quegli strani silenzi sugli scioperi sociali

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Le cronache di questi giorni sono piene di notizie su cortei e scontri. Allo sciopero sociale organizzato dalla Cgil e dai Cobas si sono sovrapposti venerdì, in tutta Italia (in almeno 50 città) scontri con la polizia, da parte di esponenti della cosiddetta frangia antagonista: no-global, centri sociali, studenti. “Scontri sociali”, li hanno definiti.

Ci sia permessa una riflessione veneta, da estendere però al Paese. 44 anni fa, a Padova, tutto incominciò dalle parti della facoltà di Lettere e di Scienze politiche. Dal regno di Toni Negri e dintorni. Il 14 novembre 2014 l’episodio più grave è avvenuto a due passi dalla facoltà di Lettere. Il passato ritorna. La novità, caso mai, è racchiusa da un particolare: gli scontri sono avvenuti perché gli autonomi volevano occupare la sede del Pd. Capite, Pd!

Ovvie le dichiarazioni ufficiali. “Solidarietà alle forze dell’ordine….Non ci faremo intimidire…” (Massimo Berrin, Segretario Provinciale PD). ”Nella confusione fratricida della sinistra, ci rimettono la polizia e la città ”(Maurizio Sala, assessore di Bitonci). ”Hanno vinto loro, i professionisti del disordine” (Gessica Stellato, M5S). E’ gia nato un leader: Zeno Rocca, 23 anni, veronese, attivista del centro sociale Pedro, iscritto a Legge. Un cambio generazionale, forse.

Quello che si è visto a Padova, Milano, Roma, Napoli, Pisa, Palermo è forse qualcosa di nuovo. Qualcosa che rimanda, per alcuni aspetti, al Sessantotto. In strada c’erano le sigle degli studenti, medi ed universitari; c’erano gli antagonisti (centri sociali ed anti TAV ), c’era l’Adl Cobas e Cobas scuola: il sindacato forte nei centri della logistica e delle spedizioni, nelle cooperative sociali e nei servizi. Quelli che il pubblico ha regalato al privato. In altre parole: c’erano gli antagonisti; c’erano i precari; c’era il precariato spinto. I nomi degli antagonisti? Pedro, Bios, Collettivo di Scenze Politiche, Gramigna, Rivolta, Sale Docks, Bocciodromo, Arcadia, Django, Casa dei Beni comuni. Uno o piu’ di uno, per ogni provincia veneta.

“Una giornata di sciopero sociale”, ha detto uno che se ne intende: Beppe Caccia, protagonista nei movimenti sociali di 20-30 anni fa. “L’assenza di prospettive e di speranza ha riunito i disperati nelle piazze”.

“Padova, città aperta”, ha detto uno di loro. Padova come laboratorio per riunire le varie forme di lotta e di rivendicazione sociale.

Ecco, ci siamo. La prolungata crisi economica, il precariato spinto, la disoccupazione hanno – alla fine – portato alla coagulazione di forze eterogenee. Che non si accontenteranno delle sceneggiate televisive del premier fiorentino ma chiederanno, chiedono già da ora, risposte certe, diritti, lavoro, reddito.

“Botte: governo ladro!”. Chi non ha lavoro ha perso la pazienza. Non siamo convinti che Renzi capisca. Non siamo convinti che questo governo, questa politica, questi sindacati siano in grado di dare una seria prospettiva al Paese. Renzi porta sfiga. Renzi (come al solito) era lontano dai casini. Ma, fateci caso. Napolitano, il 14 Novembre, non ha detto una parola.

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