Con le interviste rilasciate ieri e con le manifestazioni di protesta inscenate in questi giorni contro il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, la Fiom ha tirato giù la maschera.
Non è più un sindacato ma si candida ad aggregare intorno a sé il popolo degli scontenti, costituendo un partito della sinistra radicale. Già nelle scorse due elezioni politiche la Fiom aveva dato candidati importanti prima a Sel e poi alla lista Tsipras, definendo in tal modo un confine molto ambiguo tra la propria azione sindacale e il supporto alla sinistra di opposizione radicale del nostro Paese.
Le dichiarazioni fatte ieri, inaudite per un sindacato, di richiesta di dimissioni del capo del governo e con le continue manifestazioni fatte in questi giorni – anche strumentalizzando, da veri sciacalli, la giusta lotta dei lavoratori di Terni – fanno sì che sia complicato pensare alla Fiom come organizzazione sindacale.
Per noi era già tutto chiaro all’epoca delle farneticazioni contro il piano industriale di Marchionne, ma oggi anche i ciechi possono constatare che le azioni che compie la Fiom sono sempre più di un soggetto politico e sempre meno quelle di un sindacato.