Il bisogno di garantire la sicurezza dei cittadini può mettere a rischio le garanzie di libertà e il godimento dei diritti fondamentali?
E’ uno degli aspetti su cui s’interroga la società occidentale, pochi giorni dopo la presentazione del rapporto della Commissione Intelligence del Senato Usa sui metodi utilizzati dalla Cia con i terroristi catturati dopo l’11 settembre.
Lo ha commentato in una conversazione con Formiche.net il filosofo e saggista Corrado Ocone, studioso del pensiero liberale.
Professore, il presidente Obama ha definito i metodi utilizzati dalla Cia come “incompatibili con i valori americani“. Condivide?
Obama è il leader di un Paese occidentale, ha bisogno di consenso, quindi strizza l’occhio anche a quella parte di popolazione non contenta di ciò che è accaduto. Inoltre, è un democratico, che si è ritrovato ancora di più sotto pressione dopo la scoperta delle intercettazioni realizzate dagli Usa anche nei confronti di Paesi alleati. Doveva dire così. Io sfido chiunque a dire che gli Stati Uniti non abbiano seguito mai i dettami della ragion di Stato. Probabilmente non esisterebbe una nazione così importante come l’America, se non fosse stata, nel corso della sua storia, un mix di valori ma anche di realismo politico. Se Obama pensasse davvero quello che ha detto, sarebbe un masochista.
A quali fini è volta questa realpolitik? Ad affermare i valori di uno stato liberal-democratico? O di altro tipo?
Se fossi un alleato dell’America, mi darebbe fastidio essere spiato. Ma se devo scegliere, preferisco che mi spiino gli Usa e non la Cina o la Russia. Questo perché credo nei valori degli Stati Uniti, che non sono valori astratti, ma concreti: libertà di stampa, di espressione, nelle opportunità che lo stile di vita americano ha dato e continua a dare. Perciò inserisco la realpolitik in questo orizzonte. Sicuramente la Cia non va molto per il sottile, anche usando metodi spicci, ma bisogna vedere a cosa è volta questa attività.
Secondo il professor Antiseri, non vi può essere libertà senza sicurezza. Cosa ne pensa?
Esistono due tipi di libertà. Quella interiore, l’ideale a cui tutti possiamo aspirare. Esiste poi la libertà politica, quella che si estrinseca nella realtà sociale, nella capacità di crearsi una vita, essere liberi economicamente o di esprimersi. Questo tipo di libertà – il liberalismo politico – può realizzarsi solo se si unisce al realismo politico, dove quest’ultimo non è il fine ma il metodo. Solo se la libertà si incarna nei rapporti di forza del mondo reale, diventa qualcosa di concreto, altrimenti diventa un’aspirazione da anima bella. Credo sia questo l’equilibrio a cui tendere, anche se ovviamente la vita non è perfetta e capita che gli essere umani commettano errori, anche gravissimi, come nel caso delle torture.
L’Occidente deve scegliere tra libertà e sicurezza?
Credo che se la libertà vuole scendere dal mondo delle idee a quello concreto, deve farsi libertà combattente e quindi venire a compromesso con le forze di questo mondo. Chi governa deve spesso prendere scelte difficili per assicurare la sicurezza e la libertà. Scinderei sempre l’ideale dal pratico. In linea teorica la tortura non può essere utilizzata, però bisogna vedere i singoli casi e vedere qual è il fine che si vuol raggiungere e quale limite non bisogna superare. Ovviamente questo va fatto da persone con grande acume politico, per non scadere in derive errate. Risiede qui la dialettica tra libertà e sicurezza. Anche io, come Antiseri, credo che non ci sia libertà senza sicurezza. Ma bisogna sempre tener presente che il valore è la libertà e non la sicurezza. La sicurezza è uno strumento per realizzare in alcuni casi quel valore, che poi va realizzato concretamente. Anche con dei costi.
I critici del modello occidentale sostengono che questo sia l’ennesimo caso in cui le nostre società manifestano un “eccesso” di libertà, che ci renderebbe meno competitivi sotto il profilo economico, ma anche della sicurezza, soprattutto se paragonati a potenze ormai non più emergenti, come la Cina. Che ne pensa?
L’Occidente è a una svolta. E’ nella fase che José Ortega y Gasset chiamava del “signorino soddisfatto”. Ha raggiunto dei risultati innegabili, da tutti i punti di vista, in primis in quello della libertà. Però soffre di una sorta di malattia di maturità, ha perso quella forza morale che alimentava la lotta che ha portato a conquistare questi valori. Nelle classi dirigenti, prevale oggi un’ideologia del multiculturalismo e del politicamente corretto. Nell’ultima fase le élite occidentali hanno perso il senso della tolleranza liberale, che consiste nell’accettare l’altro nelle sue differenze, ma a partire dalla propria identità, non annullandola.
Come dovrebbe comportarsi l’Occidente?
L’Occidente deve essere forte su alcuni principi e convinto dei suoi valori e che questi siano superiori. Qui tutti possono esprimersi, se chi non condivide la nostra idea di società andasse al potere, probabilmente questa libertà sarebbe negata. L’Occidente ha perso un po’ di quella aggressività che aveva in passato, mentre dovrebbe recuperarla.