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Egitto, perché Al-Sisi cambia i vertici dell’intelligence

Cambio al vertice dell’intelligence egiziana. Il generale Mohammed Farid el-Tohamy (nella foto), potente numero uno dei servizi segreti del Cairo e mentore di lunga data del presidente Abdel-Fattah al-Sisi.

IL SOSTITUTO

A prendere il posto dello 007 dovrebbe essere per il momento il suo vice, Khaled Fawzy, un ufficiale di lunga data dell’intelligence, che ha guidato l’agenzia di sicurezza nazionale.

LA CARRIERA

A metà degli anni ’60 – spiega Associated Press -, el-Tohamy è stato visto come un sostenitore della linea dura nella repressione del governo contro gli islamisti e i dissidenti secolari.

È stato messo a capo dell’agenzia di intelligence generale due giorni dopo che al-Sisi, allora capo delle Forze armate, guidò la cacciata del presidente eletto Mohamed Morsi nel luglio 2013 in seguito proteste di massa contro il suo governo islamico.

IL LEGAME CON AL-SISI

La sua nomina non fu casuale. Tra l’ex numero uno dei Servizi e l’attuale presidente esiste un legame di lunga data. El-Tohami è stato la guida di al-Sisi quando entrambi servivano nell’intelligence militare sotto il lungo governo di Hosni Mubarak. In quel periodo, el-Tohamy assunse la direzione di una delle più importanti agenzie di controllo sulla finanza pubblica, l’Autorità di controllo amministrativo, dove ha prestato servizio fino al 2012, quando Morsi lo ha sostituito.

CAMBIO DI STRATEGIA?

Visti questi trascorsi, fatti di una collaborazione intensa e costante, sono molte le incognite sulla rimozione di el-Tohamy, sollevato ufficialmente “per motivi di salute“, nello specifico “una protesi all’anca“.
Eppure, come sottolinea la cronista Sarah el-Deeb citando funzionari dell’intelligence egiziana, la scelta potrebbe essere dettata dalla volontà di un cambio nella politica attuale dei servizi.

NUOVE SFIDE

Nelle intenzioni di al-Sisi ci sarebbe infatti la volontà di puntare su forze fresche, per affrontare una situazione di sicurezza sempre più complessa.
Il governo del generale è impegnato in molti dossier – Libia e Isis per citarne alcuni – nei quali collabora in modo sempre più stretto anche con il nostro Paese (qui il resoconto della recente visita di al-Sisi in Italia a fine novembre).

Ma a determinare la decisione, sarebbe stata prevalente la preoccupazione per il fronte interno. Dalla cacciata di Morsi, le autorità hanno usato una linea dura contro i suoi seguaci, gli altri islamisti e l’opposizione laica. Un atteggiamento che ha scatenato crescenti attacchi da parte di militanti contro le forze di sicurezza e le truppe, ultimo quello nel Sinai, costato la vita a decine di soldati.

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