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Tutti gli intellettuali cattolici estasiati (o quasi) per i Dieci Comandamenti di Roberto Benigni

Anche il Papa, ha scritto Repubblica, alla fine s’è complimentato con Roberto Benigni. Martedì, prima della seconda serata dello show trasmesso da Raiuno, è arrivata la tanto attesa telefonata. “Un momento di gioia privata che Benigni ha voluto tenere per sé, per pudore. La conversazione è stata affettuosa, raccontano le persone vicine all’attore-regista, e l’abbraccio ideale del Pontefice è la soddisfazione più grande”. Tanti i telespettatori, tanti i commenti sui social e sulla stampa. Non tutti, però, concordi nel plaudire all’ultima avventura del premio Oscar italiano.

“HA RESO CONTEMPORANEO IL SINAI” 

Entusiasta sia per i contenuti sia per il linguaggio usato s’è detto fin da subito monsignor Bruno Forte, teologo e vescovo di Chieti-Vasto: Benigni, dice, “è riuscito a far capire che i Dieci comandamenti non sono lontani da noi. Ha reso vivo e contemporaneo il Sinai, cosa non da poco”, anche perché quelle “pagine della Sacra Scrittura svelano l’uomo all’uomo. Di ogni tempo. Di ogni cultura. Di ogni categoria sociale. Benigni l’ha dimostrato con maestria.  Di più: ha dimostrato che la legge di Dio, lungi dall’essere gabbia e prigione, è radice di libertà”.

IL PLAUSO DI ENZO BIANCHI

Parole che hanno avuto un’eco pressoché immediata dalle parti del monastero di Bose, dove Enzo Bianchi concorda nel giudizio positivo circa la capacità di rendere contemporaneo un messaggio vecchio di millenni: “Il lavoro di chi come Benigni presenta come fresche, pronunciate oggi, per noi qui e ora, norme che risalgono a più di tremila anni fa consiste non tanto nel fare esempi più o meno efficaci o divertenti, ma nel togliere l’accumulo di pesantezze depositatosi su un distillato di sapienza che, una volta liberato, sprigiona da solo tutta la sua ricchezza”. Inoltre, aggiunge Bianchi, “chi conosce la ricca interpretazione ebraico-cristiana dei comandamenti avrà notato come ad essa l’attore abbia attinto copiosamente e con sapienza”.

“MEGLIO QUESTO CATECHISMO”

Qualcuno ha osservato che l’attore-regista si messo a dare lezioni di catechismo, e a tal proposito su Formiche.net don Massimo Naro ha commentato che “se catechismo è stato, in ogni caso, sempre meglio di quell’altra catechesi che negli anni scorsi è stata propinata agli italiani nei salotti televisivi in cui si martellava, sera per sera, su improbabili fisime psico-analitiche e temi affini”. Benigni, aggiunge il sacerdote, “ha offerto agli spettatori un saggio di quella che i padri della Chiesa antica chiamavano ‘metanoia’”, e “non occorre necessariamente tradurre questa parola greca col termine italiano ‘conversione’”. Concorda pienamente, sempre su Formiche.net, l’intellettuale cattolico Benedetto Ippolito: “Con grande abilità e maestria, Benigni ha condotto la questione della chiamata di Dio all’umanità, attraverso il Popolo di Israele e la figura del suo Profeta maggiore, dando la spiegazione storica del profilo personale di Mosè, radicata all’interno della straordinaria missione che Dio stesso gli ha affidato di liberare gli ebrei dalla schiavitù dell’Egitto”.

NIENT’ALTRO CHE “UN’OMELIA LUNGA, PLETORICA E RIPETITIVA”

Ma le voci critiche non mancano. Tra i più perplessi verso la performance di Benigni c’è un altro intellettuale cattolico, Gianfranco Morra. Su Italia Oggi, prendendo in rassegna gli entusiastici commenti dei giornali, ha osservato che “qualche perplessità rimane”. Il motivo? “a trasmissione ha piuttosto testimoniato il «Sunset boulevard» del papa guitto, del commesso viaggiatore del cuore, del bardo della sinistra buona, del funambolo dei sentimenti”. E poi, “per essere credibile, Benigni ha cercato di farsi sacerdote di campagna. Non solo nel linguaggio, semplice e di buon senso, ma anche nel look, simile alle mises dei preti postconciliari”. Peccato che la sua “omelia sia stata troppo lunga, pletorica e ripetitiva”, e alla fine lo spettacolo si è trasformato “in una esibizione piuttosto stucchevole, a metà tra la lezione teologica e la predica domenicale. Non pochi si sono addormentati davanti al teleschermo, qualcuno, purtroppo, con la sigaretta accesa”.

IL GRADIMENTO DI MONS. FISICHELLA

Sullo show è intervenuto anche mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio consiglio per la Nuova evangelizzazione. “Sono anni che continuo a dire che la Chiesa ha bisogno di una nuova apologia della fede, ovvero di una nuova presentazione della fede. Benigni ha dato un segno concreto di come la fede può essere presentata”, ha detto al Messaggero. L’arcivescovo va oltre, e si interroga sulla difficoltà di comunicazione che ha oggi la chiesa cattolica: “Uno degli elementi della crisi che vive la fede oggi è certamente quella di non sapere più comunicare con un linguaggio che attragga, convinca, penetri nel profondo. L’attrazione dovrebbe essere la nostra chiave di forza, del resto il cristianesimo non si impone”. Forse, aggiunge, “siamo stati troppo concentrati su una dimensione dottrinale e sacramentale, tanto che fatichiamo a fare comprendere fino in fondo con il nostro linguaggio tutta la ricchezza del nostro patrimonio di fede. Un limite”.


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