Il risvolto investigativo dell’incidente che ha coinvolto il traghetto italiano Norman Atlantic: tutti i dubbi sulla reale portata dei mezzi stivati, le zattere malfunzionanti, i rischi relativi ai rilevamenti effettuati solo dieci giorni fa nel porto greco di Patrasso.
Ciò che emerge dalle prime analisi è che, al di là dei sei controlli non superati, il traghetto andato a fuoco a Corfù aveva un altro vulnus. Capienza dei mezzi al limite e passeggeri che dormivano in garage: vietato secondo gli esperti.
LE SEI DEFICIENZE
Il primo rilievo diffuso dai media è stato quello relativo ai controlli superati a malapena dal traghetto. I tecnici di Paris Mou avevano evidenziato sei ‘deficiencies‘ sulle porte taglia fuoco, sui sistemi di sicurezza di luci e batterie e su alcuni punti strutturali. Ma il traghetto aveva ugualmente ricevuto dal Registro navale italiano il certificato di classe e il certificato sicurezza passeggeri, con la prescrizione di risolvere il vulnus in due mesi. La domanda, ora, è se in quei sessanta giorni avrebbe potuto navigare o meno. Varato nel 2009, aveva già cambiato tre nomi in soli cinque anni.
LE DUE CONGETTURE
Due le ipotesi al vaglio degli inquirenti: l’incendio potrebbe essere scoppiato nel garage per il malfunzionamento degli impianti oppure a causa di una fiammata scaturita da uno dei mezzi trasportati. In ogni caso andranno accertati i meccanismi di sicurezza e dei sistemi attivi e passivi, dal momento che i verricelli per le zattere di salvataggio dovrebbero essere azionati anche in caso di black out elettrico.
LE DOMANDE DEL CORRIERE
Scrive oggi il Corriere della Sera: “Il 17 giugno scorso il Rina certifica la sicurezza dei passeggeri, l’11 luglio conclude l’ispezione generale e il verdetto è positivo: «There are no pending recommendations», nessuna raccomandazione da fare. Programma la nuova visita per il 9 agosto del 2015. Il 19 luglio anche gli esperti di «Paris Mou» terminano il proprio controllo. Segnalano problemi di conformità delle porte tagliafuoco e delle vie di fuga in caso di incendio. Decidono comunque di non fermare il traghetto. Una nuova ispezione viene svolta nel porto di Patrasso e si conclude il 19 dicembre scorso. Vengono rilevate sei «deficiencies»: malfunzionamento delle porte tagliafuoco; carenza dotazioni elettriche, luci di emergenza e batterie; carenza dei dispositivi «life salving»; carenza delle porte stagne; mancanza di documenti relativi al piano di sicurezza dei passeggeri. Il mezzo, come si dice in gergo «non viene detenuto», quindi può continuare a navigare sia pur con l’impegno di risolvere i problemi entro due settimane. Perché, nonostante le anomalie viene concesso il nulla osta? Perché, nonostante sei mesi di tempo non siano stati sufficienti per risolvere il problema delle porte tagliafuoco, viene autorizzato il trasporto dei passeggeri?“.
DOSSIER GARAGE
Secondo prassi è tassativamente vietato accedere ai garage durante la navigazione e soprattutto dormire a bordo dei mezzi, ma pare che questo assunto non sia stato applicato sulla Norman Atlantic. Quest’ultima era stata noleggiata dalla compagnia per sostituire l’altra nave Anek Lines in manutenzione che però era più capiente. Quindi, così come ricostruito ad una tv greca da un autotrasportatore ellenico ricoverato nel nosocomio di Galatina, dal momento che non c’erano più cabine disponibili alcuni passeggeri hanno trascorso la notte a bordo dei propri mezzi “stipati come sardine” nel garage numero 5, quello da cui è iniziato l’incendio. Inoltre nelle ultime settimane, complice la crisi dell’olio italiano falcidiato dal verme che ne sta limitando la produzione, si è intensificato del 30% il traffico di olio dalla Grecia verso l’Italia, con la richiesta dei produttori di potenziare i collegamenti navali. Potrebbe essere questa la ragione per cui nel garage della Norman c’erano molti, forse troppi, camion pieni di olio facilmente infiammabile?
I DUBBI
Ancora non è chiaro – scrive oggi il Corriere della Sera – “se l’incendio scoppiato nel garage del traghetto sia stato provocato dal malfunzionamento degli impianti o se invece a prendere fuoco sia stato uno dei mezzi trasportati. In ogni caso bisognerà accertare la regolarità dei meccanismi di sicurezza e dei sistemi attivi e passivi per segnalare problemi gravi”.
Si sa che a bordo ci sono 160 fra ingressi e porte tagliafuoco. “Incrociando i dati tecnici con le testimonianze dei passeggeri si dovrà accertare se abbiano funzionato i rilevatori di fumo, fiamme e calore e quelli di spegnimento che nella zona aperta al pubblico sono ad acqua mentre in garage sono più forti con schiume e getti idraulici”.
Inoltre, secondo i primi racconti di chi era a bordo, “ci sarebbero state difficoltà a calare in mare tutte le scialuppe. A bordo del Norman Atlantic ci sono lance di salvataggio e zattere che sono sempre azionate indipendentemente dal funzionamento delle dotazioni elettriche e dovrebbero sganciarsi meccanicamente e manualmente. Anche su questo si dovranno però svolgere approfondimenti”.
LA SCELTA DI BRINDISI
Altro punto controverso è la scelta di Brindisi e non del più vicino porto di Valona, in Albania, per l’approdo della Norman. Al momento dell’aggancio con il rimorchiatore Marietta Baretta partito dal porto brindisino (il cui cavo si è spezzato per due volte), lo scalo albanese distava 13 miglia, contro le 40 di Brindisi. Secondo la stampa greca, sarebbe stato più utile scegliere Valona almeno per mettere al sicuro i passeggeri ancora presenti sul ponte più alto della Norman. Mentre invece la cabina di regia dei soccorsi, supportata dalle navi italiane San Giorgio e Durand de la Penne, ha preferito fare rotta sul porto di Brindisi. Quello di Valona, anche se più vicino, non dispone delle necessarie strutture ed attrezzature per completare l’operazione.
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