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Il Corriere della Sera affonda Triton

Aridatece Mare Nostrum. Finirà così. Si finirà con il reclamare l’operazione tante volte svillaneggiata e issata al pubblico ludibrio da politici e giornalisti. Finirà così. Con un addio all’appena entrata in vigore Triton?

Le prime avvisaglie ci sono tutte. Come i primi numeri. Ecco quelli pubblicati oggi dal Corriere della Sera: “In due mesi, da quando è partita la missione pianificata con l’Ue dopo il naufragio davanti all’isola di Lampedusa che causò centinaia di vittime, sono approdati sulle nostre coste oltre 16.000 migranti, una media di 8.000 al mese. E dunque l’andamento dei flussi è rimasto in linea con quanto accadeva prima che si decidesse di avviare i pattugliamenti impiegando mezzi e uomini in accordo con gli altri Stati membri. I dati aggiornati a ieri mattina sono eloquenti: dal 1° gennaio al 27 dicembre sono arrivati 169.215 stranieri, di cui 120.150 in Sicilia. Quelli sbarcati fino al 31 ottobre, alla vigilia dell’entrata in vigore di Triton, erano 153.389”.

Di seguito il commento del quotidiano diretto da Ferruccio de Bortoli affidato a Fiorenza Sarzanini, che si dilunga sugli attriti fra Viminale e Difesa:

C i sono voluti mesi per convincere l’Unione Europea a farsi carico del problema dei migranti che sbarcano in Italia. Disperati che fuggono dalla guerra e dalla miseria e devono trovare accoglienza, ottenere aiuto, essere certi di raggiungere un approdo sicuro. Nessuno si è mai illuso che Frontex potesse servire a sciogliere tutti i nodi, ma la decisione di varare l’operazione Triton è stata comunque un passo importante perché ha coinvolto la maggior parte degli Stati membri, li ha chiamati a fare la propria parte. E così si è dimostrato come quello dei profughi che partono dall’Africa sia un problema che coinvolge tutti, da affrontare insieme per trovare soluzioni adeguate. Un passo appunto, al quale devono seguirne altri, molto più concreti, come l’apertura di centri di accoglienza in Nordafrica. Strutture dove si possa dare a queste persone la possibilità di chiedere asilo, di indicare il Paese  dove si vuole andare. Regolare i flussi migratori, anziché subirli: deve essere questo l’obiettivo. Perché soltanto così si evita che migliaia di uomini, donne e bambini si affidino ai trafficanti del mare, si imbarchino su mezzi di fortuna  e — purtroppo spesso — muoiano durante la traversata. L’Italia ha giocato un ruolo importante negli ultimi mesi e ha raggiunto il primo risultato. Sarebbe assurdo vanificarlo. Da mesi i vertici della Marina militare rivendicano il proprio ruolo nel Mediterraneo e chiedono di poter continuare nella loro meritoria attività di salvataggio. È giusto e doveroso. Così come è necessario che il mare venga pattugliato, che si eviti — come è accaduto nei mesi scorsi — che gli scafisti lancino l’sos quando sono ancora sulle spiagge africane e poi mettano in mare le loro carrette piene di gente in modo che i mezzi di soccorso possano andarli a prendere. Per far sì che tutto questo funzioni è necessario che il governo dia indicazioni chiare ai propri apparati impegnati nelle operazioni di controllo e a quelli delegati invece al salvataggio. Il coordinamento deve essere perfetto, bisogna evitare che la sovrapposizioni di ruoli vanifichi quanto è stato fatto e soprattutto pregiudichi la possibilità di fare ancora di più. L’emergenza immigrazione non si può sottovalutare. In gioco c’è la vita di migliaia e migliaia di persone.



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