Settantasei anni dopo si continua a parlare della scomparsa di Ettore Majorana. Fra le tante ipotesi sulla sparizione di questo grande scienziato, fatte da giornalisti, scrittori (fra cui Leonardo Sciascia), da fisici illustri, studiosi ed estimatori, ora si aggiunge quella relativa al Venezuela, che sarebbe stato l’asilo di Majorana dal 1938, quando lo scienziato sparì misteriosamente a Napoli dopo un viaggio a Palermo, con la nave Tirrenia. Quella pista è stata rivelata da un signore, che si chiama Francesco (Cecchino) Fasano, a una giornalista (Sara Menafra). Fasano ha raccontato molti passaggi della sua lunga amicizia con lo scienziato dell’Istituto di fisica di via Panisperna, morto da qualche anno.
Ricordiamo che quell’istituto venne creato e diretto da Enrico Fermi e Majorana vi lavorò a lungo con Emilio Segrè, Edoardo Amaldi, Bruno Pontecorvo, Franco Rasetti e tanti altri scienziati diventati in seguito famosi. La magistratura italiana e il Ris hanno indagato per tre anni sull’ipotesi venezuelana e sono arrivati a una prima conclusione: le foto analizzate corrispondono effettivamente al fisico catanese. Naturalmente le indagini continuano e molto presto avremo la soluzione di un giallo che dura da tre quarti di secolo.
Una certezza però, fra le tante ipotesi del passato, ora ci viene data anche da un libro uscito in questi giorni di un fisico e filosofo della scienza, Etienne Klein (dirige il “Laboratoire des Recherches sur les sciences de la matière del Commissariat à l’ènergie atomique”), “Cercando Majorana” (Carocci editore), che si avvale della traduzione di un appassionato estimatore del fisico siciliano, Gian Carlo Brioschi.
Nel “viaggio”, compiuto da Klein in tutti i luoghi dove è vissuto e lavorato Majorana, si documenta con documenti inediti e testimonianze, che Majorana non ha mai pensato di togliersi la vita, ma semplicemente di sparire. In altre parole, come aveva intuito lo stesso Enrico Fermi, suo maestro e grande estimatore, il fisico si sentiva “inadatto” alla vita, ma si rivelò un gigante della scienza, un genio – disse il premio Nobel – che “aveva doni che era il solo al mondo a possedere”.
Del resto, approfondendo le ricerche e le intuizioni dello scienziato siciliano, diversi fisici hanno conquistato il premio Nobel. Ora le sue teorie elaborate 80 anni fa, le famose “particelle” cominciano a prendere forma nei laboratori di diverse parti del mondo (di recente all’Università di Texas-Austin e di Princeton). La scoperta della superconduttività,liberandola dalla schiavitù della legge di Ohh, “apre –ha dichiarato di recente Antonino Zichichi – nuove frontiere per i computer quantici”.
Le “particelle di Majorana”, cercate da decenni dai fisici, sono state individuate di recente anche da un gruppo di ricercatori della Princeton University, guidato da Ali Yazdani. E dire che Majorana, che si rifiutava sempre di pubblicare le sue straordinarie ricerche, scoprì le sue “particelle” nel 1937, lasciando esterefatti Enrico Fermi e gli altri fisici di via Panisperna.