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Ilva, tutti i nodi da sciogliere dopo il decreto

Bisognerà leggere con grande attenzione l’articolato integrale e definitivo del decreto riguardante l’Ilva, data l’estrema complessità della materia affrontata dall’esecutivo.

Il decreto era assolutamente necessario e l’averlo approvato evidenzia l’importanza della scelta compiuta dal governo di salvare il perno di gran parte dell’industria meccanica italiana: tuttavia, lo si ripete, la materia affrontata è di estrema complessità e devono esserne valutati tutti gli aspetti.

Il decreto ora passa al vaglio del Quirinale prima della firma del Capo dello Stato e poi inizierà il suo iter di conversione in legge e, pertanto, bisognerà verificare se e come sarà modificato dai due rami del Parlamento. Queste note pertanto hanno carattere di provvisorietà.

L’azienda – che è tuttora di proprietà privata con il gruppo Riva al 90% e il Gruppo Amenduni non toccato da vicende giudiziarie al 10% – andrà in amministrazione straordinaria ai sensi della legge Marzano che sarà modificata per un periodo massimo di 36 mesi. Un primo elemento da verificare sarà come verranno trattati in tale amministrazione i crediti di banche e fornitori, le prime già esposte per circa 1,5 miliardi e i fornitori – soprattutto quelli di Taranto – per una cifra che se fosse congelata potrebbe determinarne un vero e proprio tracollo.

Saranno nominati tre commissari per assicurare gestione industriale dell’azienda e attuazione del piano di risanamento ambientale che dovrà essere attuato per l’80% entro luglio del 2015, mentre un restante 20% sarà definito da un nuovo decreto del Presidente del Consiglio. Per l’attuazione del Piano ambientale si prevedono 375 milioni per il 2015 e il 2016 (provenienti dal piano di azione coesione e dal Fesr) oltre a 137 milioni che arriveranno da Cassa depositi e prestiti tramite Fintecna controllata dalla stessa CDP.

Il Commissario dovrà poi vendere o affittare al miglior offerente a trattativa privata gli impianti ad affittuari o acquirenti che dovranno impegnarsi a garantire produzione e ambiente ma senza vincolo occupazionale. Il Commissario non potrà essere indagato se attuerà il piano ambientale.

Alcune domande: come verrà tutelato il diritto di proprietà degli attuali azionisti? Le risorse previste per il risanamento sono sufficienti? E la possibilità di recuperare il miliardo e duecento milioni sequestrato ad Adriano Riva – e messo a disposizione da una sentenza del Tribunale di Milano per il risanamento ambientale – è realmente disponibile, avendo il diretto proprietario fatto ricorso in appello alla sentenza così da bloccare l’utilizzo effettivo di quel miliardo?

E l’Aia l’autorizzazione integrata ambientale rilasciata nel 2012 che stabiliva un tetto massimo di 8 milioni di tonnellate annue producibili, potrà essere superata in questa soglia massima, portando la produzione massima a livelli più elevati?

E l’occupazione – che vede oggi 11.480 addetti diretti – sarà tutelata, essendo questo com’è evidente un punto su cui i Sindacati sono stati molto fermi? Certo le leggi del mercato e della domanda sono quelle che decidono, ma si prevede una riduzione di capacità produttiva o un suo incremento magari con l’utilizzo del preridotto di ferro? Ma questo porterebbe ad esuberi di manodopera molto elevati.

Insomma il decreto approvato era necessario, ma ora bisognerà definirlo in un accurato dettaglio anche per impedire che sia attaccabile sotto il profilo della costituzionalità e in sede europea.

Federico Pirro (Università di Bari – centro studi Confindustria Puglia)

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