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Istat, perché la produzione industriale inficia le teorie di Juncker

La produzione industriale a ottobre (-0,1%) va peggio delle attese che generalmente scontavano qualcosa di positivo. L’indicazione che emerge è quella di un’industria che si muove su un sentiero sostanzialmente stagnante, frenata da una domanda interna ancora molto debole, appena compensata dal positivo – ma instabile – sostegno di quella estera.

I NUMERI ITALIANI

L’ultimo trimestre dell’anno ha, dunque, un inizio più deludente delle aspettative. Tale evoluzione – se non corretta in novembre-dicembre – non inciderà tanto sul risultato del Pil conseguibile nel 2014, che dovrebbe comunque attestarsi a -0,4%, quanto sull’abbassamento della base di partenza per il 2015: data l’entità dei numeri della ripresa di cui si sta parlando, un trascinamento sul prossimo anno – anche debolmente negativo –potrebbe cancellare un quarto e più della crescita attesa dai previsori per il 2015.

IL QUADRO EUROPEO

Del resto quello della stagnazione è il segno dell’intera congiuntura europea. La produzione industriale in ottobre è aumentata un poco in Germania, ma è calata in Francia e Spagna anche più che in Italia, prolungando in questi Paesi un trend sostanzialmente strisciante.

LA CENERE E LA BRACE

L’incendio dell’euro è stato contenuto dalla Bce nel settembre 2012, ma sotto la cenere è rimasta brace viva: basterebbe una lunga congiuntura senza crescita a riattizzarlo. Occorre, dunque, che le Istituzioni europee e la Germania si rendano conto che la stagnazione non può essere la strada che fa seguito alla recessione, pena il riesplodere della crisi in una fase in cui riserve di munizioni e capacità di resistenza europee si sono ridotte rispetto a quattro anni fa.

LE NOIOSE RAMANZINE DI BRUXELLES

In una simile situazione non si può rispondere minacciando conseguenze spiacevoli per i Paesi che non provvedono a un aggiustamento secondo le regole europee o paventando l’avvento della troika. Queste affermazioni non fanno che alimentare insofferenza e rischi di riacutizzazione della crisi. Occorre invece operare concretamente per la realizzazione di politiche fiscali di vero sostegno della domanda a livello europeo e spingere per una decisa politica monetaria che aumenti l’inflazione in Germania e, quindi, nell’area euro.


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