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Ecco come il governo sta bistrattando le partite Iva. Parla Anna Soru (Acta)

È il grande interrogativo irrisolto della Legge di stabilità. La riduzione di 800 milioni di euro di tasse e contributi per i lavoratori autonomi con partite Iva andrebbe a beneficio di commercianti e artigiani. Mentre liberi professionisti e free lance attivi nei comparti a elevata creatività e tecnologia ne verrebbero in gran parte esclusi.

Per tale ragione Formiche.net ha interpellato Anna Soru, presidente di Acta-Associazione dei professionisti del terziario avanzato: formatori, ricercatori, informatici, consulenti generalmente operanti al di fuori di ordini e albi professionali e fornitori di imprese e Pubblica amministrazione.

La riduzione a 15mila euro del reddito annuo per beneficiare degli sgravi fiscali e contributivi non restringe troppo la platea dei beneficiari e non presta il fianco a chi vuole eludere le tasse?

È un provvedimento privo di coerenza. Da una parte vi è l’esortazione a fatturare tanto per dimostrare di non essere una falsa partita Iva. Dall’altra viene agevolata una soglia di reddito in cui vanno a finire molte partite Iva fittizie. Le quali rispetto a prima saranno più sfruttate. Peraltro nel nuovo regime non vengono calcolati con precisione ma soltanto supposti i costi sostenuti per l’attività professionale.

Quali strumenti avrebbe dovuto mettere in campo Palazzo Chigi per combattere l’evasione fiscale?

Noi proponiamo da sempre l’idea del contrasto di interessi, con la facoltà di scaricare e detrarre ricevute di pagamenti. Ricordo comunque che i lavoratori free lance e libero professionisti che noi rappresentiamo non possono evadere. Perché se non emettono fattura, il committente – in genere l’amministrazione pubblica o le aziende – non paga.

Il governo ha dunque dimenticato la causa delle partite Iva?

È ciò che ci ha lasciato più sconcertati. Un esecutivo formato in buona parte da giovani che affermava di parlare a nome dei lavoratori precari va a penalizzare l’attività professionale di chi non vuole avere il posto fisso e aspira a reinventarsi. Evidentemente chi guida le istituzioni ha sempre in mente il lavoro dipendente, come conferma il confronto pubblico degli ultimi mesi relativo all’Articolo 18. Pensi che il Jobs Act parla dei rapporti subordinati come lavoro normale. Noi non siamo ritenuti professionisti normali?

Vi sentite penalizzati dal trattamento differente rispetto a commercianti e artigiani?

Senza dubbio. Non comprendiamo perché gli sgravi fiscali e contributivi favoriscano esclusivamente categorie precise di lavoratori autonomi. Che beneficeranno anche di una considerevole attenuazione degli studi di settore. Tutto ciò da parte di un governo che aveva sempre detto di essere contro le corporazioni.

Il premier ha riconosciuto l’esistenza di “problemi con le partite Iva più giovani” e promette un intervento correttivo nei prossimi mesi.

Non è chiaro a cosa si riferisca. Matteo Renzi parla di professionisti giovani, di architetti e avvocati. Mentre il regime dei redditi minimi concerne tutti coloro che svolgono attività professionali con partita Iva. Perché dobbiamo trasformarci in impresa, quando rappresentiamo una via intermedia tra lavoro e azienda fondamentale per la ripresa occupazionale?

Altro tema cruciale è l’aumento dal 27 al 33 per cento dei contributi alla gestione separata Inps a carico delle partite Iva.

Aumento che scatterà da gennaio 2015. E che riguarderà la gran parte dei lavoratori libero professionali. Anche per questo motivo molti di noi sono fuggiti da una gestione separata assai poco conveniente. Il risultato è deprimente rispetto al resto dell’Europa.

Perché?

Il peso contributivo e fiscale per il lavoratore autonomo è in Italia leggermente superiore a quello che grava su un lavoratore dipendente. Ma il primo non gode del bonus degli 80 euro in busta paga né dei benefici del Welfare, compresa l’Aspi introdotta dalla legge Fornero per tutelare chi si ritrova involontariamente senza lavoro. Un’indennità allargata a tutti tranne noi, che invece la paghiamo per gli altri. La differenza rispetto alle persone con rapporto subordinato è che oggi per noi mancano i ritorni di mercato e di profitto del passato.

Il consigliere economico del governo Yoram Gutgeld afferma che nessuno pagherà più tasse, e chi gode del regime attuale potrà mantenerlo se lo riterrà più conveniente.

È vero in virtù di una “clausola di salvaguardia” per gli attuali lavoratori free lance. Misura che però non coinvolge i futuri liberi professionisti.

Pensate a iniziative più incisive per far giungere la vostra voce nelle istituzioni politiche?

Noi proviamo sempre a interloquire con il governo. Abbiamo svolto audizioni in Parlamento. Ma non siamo mai stati ascoltati. Cerchiamo di rappresentare i nostri interessi alla luce del sole anziché tramite scambi di favori. Nelle forze politiche vi sono sensibilità legate a esperienze personali e familiari. Tuttavia pochi le trasformano in una battaglia ad hoc. E così Camera e Senato hanno cassato tutti gli emendamenti pro-freelance presentati alla Legge di stabilità. È chiaro che non costituiamo una priorità per chi è chiamato a decidere.


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