Non è difficile immaginare le reazioni che produrranno le prime pagine dei quotidiani italiani con i loro titoli che associano la capitale alla parola mafia: l’effetto è quantomeno devastante.
Ogni rapporto, personale o d’affari che sia, basa la propria solidità sulla fiducia reciproca e sulla narrazione della storia passata e dal presente delle parti che si impegnano in un eventuale futuro condiviso. Nell’ambito poi dei soli rapporti economici, pur se spesso aridi e fuori di metafora impostati al profitto, rimane comunque fondamentale il convincimento per chi decide di impegnare il tempo e di rischiare il proprio denaro di agire in un ambiente che non sia infettato da regole non scritte di malaffare, corruzione e convenienze illecite con l’amministrazione pubblica.
Basta solo il sospetto che la politica – intesa nel suo più intimo significato di attività e forma di governo di una nazione – sia inquinata per indurre a rivolgere lo sguardo altrove e destinare le risorse in altri Paesi.
Come poi ben sa chiunque viva sul campo relazioni professionali o imprenditoriali con operatori e investitori stranieri, una delle principali caratteristiche che ci viene riconosciuta è la straordinaria capacità di farci male da soli. Questa viene ancora bilanciata – per fortuna – dall’indubbio talento e buon gusto che sono elementi distintivi della nostra immagine, di un sistema Paese che ancora gode di un vantaggio competitivo immateriale che gli deriva dalla sua storia, cultura, bellezze naturali e, diciamolo pure, intuito e fantasia dei suoi cittadini.
Evitiamo quindi di andare definitivamente a sbattere contro un muro e di farci male da soli, quasi per una masochistica perversione del tanto peggio tanto meglio. Guai a far passare all’estero il messaggio che Roma è uguale a mafia, che Napoli sia solo Gomorra, Milano solo tangenti, Venezia il Mose miliardario e la Pubblica Amministrazione un coacervo di delinquenti. Il Belpaese è quello che è, con i suoi pregi e difetti, meraviglie e nefandezze che si determinano anche e soprattutto dal modo di concepire e rispettare le regole dei suoi cittadini, dalla stima di se stessi e, perché no, anche dalla capacità di saperci raccontare pur senza negare le tante e molteplici problematiche ma non per questo enfatizzandole con titoloni alla Tafazzi.