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Noterelle su Roma e l’onestà politica

Che il settimo comandamento (“Non rubare”) avrebbe avuto uno scarso potere dissuasivo lo aveva già intuito Paolo di Tarso: “Radix omnium malorum avaritia”, scriveva alla Chiesa delle origini. Inoltre che l’avarizia – ossia l’avidità smodata del denaro – sia un impulso irresistibile “in tutte le epoche di tutti i paesi del mondo”, lo aveva magistralmente provato Max Weber all’inizio del secolo passato.

Quindi il capitalismo e il mercato non c’entrano nulla con il cafarnao romano, a differenza di quanto vanno ripetendo in queste ore alcuni professionisti del “dagli alla casta”. Né c’entra l’onestà politica, almeno nel senso preso di mira da Benedetto Croce, il quale – dopo aver premesso che si tratta dell’ideale che canta nell’animo di tutti gli imbecilli – spiegava che essa “non è altro che la capacità politica”.

Del resto, più o meno eclatante e ramificato che sia, ogni sistema corruttivo che la vede coinvolta conferma che la politica è come il colesterolo: c’è la molecola buona e c’è quella cattiva. Per abbassare nel corpo umano la seconda solitamente viene prescritto un medicinale, la statina. Per abbassarla nel corpo sociale il medicinale non è però il moralismo, ma il diritto.

Sono cioè le buone leggi e la loro rigorosa applicazione (qui si dovrebbe riaprire il  discorso di come vengono eletti e legiferano gli organismi rappresentativi, e di come vengono selezionati e operano gli organismi di giustizia). Le leggi, i magistrati e le forze di polizia ci sono perché ci sono – e sempre ci saranno – i ladri. Servono – o dovrebbero servire – a punirli e, soprattutto, a scoraggiare quell’impulso irresistibile di cui parlava il grande sociologo tedesco.

Tuttavia, se proprio si vogliono fare puntate facili alla roulette dell’antipolitica, si dia pure libero sfogo all’indignazione dei cittadini contro i corrotti e i corruttori della Città eterna. In qualche misura, può anche essere utile per svegliare le sue persone perbene. Ma attenzione a quell’oppio dei popoli che non è la religione, come pensava Lenin, ma la demagogia.

La demagogia in Italia è ormai una merce che chiunque può acquistare a prezzi stracciati. In queste ore imperversano nei mass media e nelle piazze nugoli di novelli Savonarola, moltitudini di affamati d’etica che non sanno, o che fanno finta di non sapere, che il principio di legalità è moralmente neutrale. Perché, ammoniva un filosofo che di etica se ne intendeva più di loro, lo Stato “non può esigere l’integrità morale dei cittadini, ma unicamente la loro lealtà”. Quel filosofo si chiama Immanuel Kant.


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