La Russia è a un passo dal baratro e con essa il suo padre-padrone, Vladimir Putin. L’effetto combinato della maxi-svalutazione del rublo e del calo del prezzo del petrolio rischiano infatti di affossare l’intera economia del Paese, seguendo una dinamica simile a quella che portò al collasso l’Unione sovietica.
LE MOSSE DI PUTIN
Dall’inizio del 2014, la moneta russa si è svalutata di più del 50%. Il 1 gennaio 2014 un dollaro Usa valeva 32,66 rubli, oggi 66. E appena due giorni fa, il 15 dicembre, in un giorno solo ha perso il 10% del suo valore rispetto alla valuta americana. Il governo russo ha provato a porre rimedio intervenendo sul fronte dei cambi. Il ministero delle Finanze ha comunicato di aver ceduto parte delle riserve in valuta estera, il cui stock è di 7 miliardi di euro. A seguito di ciò e della nuova azione della Banca centrale che oggi ha speso altri 2 miliardi, il rublo si è lievemente ripreso, per poi tornare rapidamente in difficoltà.
ECHI SOVIETICI
La situazione spaventa, anche perché ricorda da vicino un altro momento terribile della storia recente del Paese, l’implosione dell’Urss. La timeline del crollo dell’Unione sovietica, ha commentato in un report dell’American enterprise institute l’ex sostituto primo ministro russo Yegor Timurovich Gaidar, si può far risalire al 13 settembre 1985. In questa data, lo sceicco Ahmed Zaki Yamani, ministro del petrolio dell’Arabia Saudita, dichiarò che la monarchia aveva deciso di modificare la sua politica petrolifera radicalmente. I sauditi smisero di proteggere i prezzi del petrolio, e l’Arabia Saudita riguadagnò rapidamente la sua quota nel mercato mondiale. Così, la produzione di petrolio saudita aumentarono, mentre i prezzi del petrolio crollarono di circa lo stesso importo in termini reali. Per Business Insider tutto ciò suona tremendamente familiare se si guarda a quanto accaduto nelle scorse settimane, quando l’Opec, il gruppo di paesi produttori di petrolio, ha deciso di non tagliare la produzione in risposta al calo dei prezzi, lasciando la Russia in cattivissime acque.
DOSSIER GREGGIO
Come nota il Washington Post, nei primi otto mesi del 2014, la vendita di petrolio e derivati è coincisa con il 46% delle entrate del budget russo. Con cifre come queste, un calo ingente del prezzo del petrolio aiuterebbe a raggiungere lo scopo politico delle sanzioni derivanti dalle tensioni al confine con Kiev, minando al tempo stesso la prosecuzione delle politiche di spesa del governo e, con essa, la leadership di Putin, rileva Reuters.
IL PANICO SI ESPANDE
Nel frattempo, nel Paese, dilaga il panico. Il crollo della moneta, spiega Il Sole 24 Ore, ha reso quasi impossibile, per gran parte dei russi, acquistare beni di consumo importati, dai cappotti agli smartphone. E persino la Apple ha sospeso le vendite online nel Paese, perché intende rivedere i prezzi a causa delle fluttuazioni estreme del valore della moneta. Nei grandi centri commerciali “si sono viste code di sovietica memoria, con i consumatori in fila per spendere il maggior numero possibile di rubli nel timore che perdano ulteriore valore, come successe nel 1998 alla vigilia del default“. La gente “ha assaltato gli shopping center affrontando file anche di cinque ore nella notte, lasciando molti scaffali vuoti“. Scene inimmaginabili fino a pochi mesi fa e che potrebbero spingere Putin, che domani terrà una conferenza stampa, a fare un passo indietro nella crisi ucraina.
RIFLESSI GLOBALI
L’Occidente, ad ogni modo, non può permettersi di sedere sulla riva del fiume ad aspettare che passi il cadavere. Per molti analisti è invece necessario agire in fretta, per evitare che un tonfo di Mosca si ripercuota sul resto del pianeta. La Federazione russa – commenta Bernard Guetta su Internazionale – è “il Paese più esteso al mondo, uno dei primi produttori mondiali di gas e petrolio, un esportatore di energia da cui dipendono l’industria e le famiglie europee e una terra di investimento per le banche e le grandi aziende occidentali“. Perciò, un collasso economico della Russia “avrebbe gravissime conseguenze per l’economia mondiale“. Una caduta purtroppo, sempre più vicina.