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Io, preside di un liceo occupato, dico: le occupazioni sono illegali, ora chiamo i carabinieri

Novembre e dicembre sono, per antonomasia, mesi di mobilitazioni studentesche, autogestioni e occupazioni scolastiche. Nelle scorse settimane sulle facciate dei licei romani, dal Kant al Giulio Cesare passando per il Tasso, è stato un trionfo di drappi e striscioni inneggianti l’“okkupazione” e demonizzanti la proposta di “buona scuola” del governo Renzi.

L’autogestione, che rappresenta un diritto riconosciuto agli studenti di manifestare grazie al rilascio di un permesso per l’organizzazione delle attività da tenere in classe, molto spesso sfocia in occupazione vera e propria degli edifici scolastici. Ed è qui che sorgono i problemi. I dirigenti scolastici si trovano a dover gestire un fenomeno di fatto illegale e potenzialmente pericoloso poiché coinvolge sovente anche studenti under 18 e disabili, che sono perlopiù protagonisti inconsapevoli di un’azione fuori legge.

Benvenuti al liceo artistico della periferia est romana, l’”Enzo Rossi”, che dall’alba di ieri mattina è in stato di occupazione, a detta degli studenti, “a tempo indeterminato” nonostante l’intervento delle forze dell’ordine e le denunce fatte partire dalla preside dell’istituto contro il gruppo promotore dell’iniziativa.

Fermata Santa Maria in soccorso, 100 metri a piedi e siamo di fronte all’edificio occupato. Cancelli sbarrati, uno striscione poco leggibile, qualche luce accesa ma sembra non esserci anima viva, fino a quando una studentessa sui 16 anni esce. Non appena apprende che siamo giornalisti sgrana gli occhi e chiama una nutrita rappresentanza di studenti. È lì che conosciamo, tra gli altri, Marco e Andrea (nomi di fantasia) che ci spiegano il perché della loro “barricata”: «Siamo stati regolarmente in autogestione dal 5 al 13 dicembre per protestare contro “la buona scuola”. Durante quei giorni abbiamo pensato di ridare una sistemata alle aule che sono in condizioni pessime». E spiegano: «Abbiamo fatto una colletta di 300 euro e abbiamo comprato il materiale per cancellare le scritte, ritinteggiare le pareti e abbellirle con opere di street art». Poi, nella giornata di sabato, «abbiamo chiesto di  prolungare l’autogestione di un altro giorno poiché non eravamo riusciti a pulire le aule e renderle agibili». A richiesta non è seguito permesso. «Quindi abbiamo deciso di occupare la scuola – spiegano -. Se non vogliono concederci qualche ora in più allora saremo noi a decidere quanto tempo occupare».

A quel punto chiediamo di farci entrare per avere un confronto con la preside dell’istituto ma prima Marco e Andrea ci mostrano le aule fatiscenti e, orgogliosi, quelle oggetto del loro intervento, 6 su 29 totali: «Nei prossimi giorni vogliamo arrivare a ripulire almeno 12 aule», dicono.

Finalmente riusciamo ad arrivare dalla preside, la professoressa Mariagrazia Dardanelli, che racconta: «L’occupazione è stata voluta da un piccolo numero di facinorosi, 15-20 al massimo – spiega – che, sin dall’assemblea straordinaria convocata per la richiesta dell’autogestione, hanno mostrato palesemente di avere altre intenzioni». In quel contesto nonostante quasi 800 studenti, compresi i rappresentati d’istituto, si fossero schierati contro l’occupazione «hanno continuato a istigare gli altri durante tutto il periodo di autogestione».

La dirigenza, spiega, «si è mostrata molto disponibile durante questi 8 giorni di autogestione e i ragazzi, da parte loro, hanno gestito le attività in maniera costruttiva» organizzando e partecipando a corsi e dibattiti, tra cui quello con Ilaria Cucchi. «Abbiamo accettato di buon grado anche la richiesta avanzata dai ragazzi di recuperare la giornata dell’8 dicembre, allungando ulteriormente l’autogestione – spiega la preside -. Ma non abbiamo potuto avallare l’intenzione di saltare un’altra giornata di lezioni, solo perché nella giornata di sabato li abbiamo dovuti mandar via da scuola un po’ prima per via dell’adesione, da parte degli operatori scolastici, ad uno sciopero di 6 ore, e con la scusa di dover per ripulire delle aule che loro stessi hanno vandalizzato».

Venuti meno i pretesti per continuare l’autogestione, i ragazzi armati di catenacci hanno deciso di occupare la scuola all’alba di ieri mattina. Ma, rei di aver fatto circolare qualche voce di troppo su Facebook, hanno trovato all’entrata preside e vicepreside che, di fronte alle resistenze degli occupanti, hanno chiamato Polizia e Carabinieri. «Si è creato il panico – spiega la prof.ssa Dardanelli – qui in istituto abbiamo 80 ragazzi disabili che alla vista di quel caos si sono agitati tantissimo. Ci sono stati attimi di forte tensione».

Non contento, questo gruppetto di “irriducibili”, ne ha tentata un’altra: «Mi hanno consegnato un elenco, completo di nome cognome e indirizzo di tutte le persone che erano disposte ad “autodenunciarsi” alla polizia», spiega la Dardanelli. «A quel punto la segreteria di direzione ha chiamato tutti i genitori degli alunni chiamati in causa e ci siamo resi conto che la maggior parte di questi erano tornati a casa o non sapevano nulla dell’iniziativa».

E questa volta la preside, seppure a malincuore, ha dovuto denunciare alle forze dell’ordine il gruppo di 15 persone ostinate a occupare l’edificio, oltre a punirli con sanzioni disciplinari. «Sono tanti anni che ci troviamo a dover fronteggiare sempre le stesse situazioni – dice – adesso non ne possiamo più. Noi dirigenti abbiamo una responsabilità enorme e loro, i ragazzi, non si rendono conto che occupare è un’attività illegale».

Sì, perché chi viene denunciato per l’occupazione di un edificio scolastico può incorrere nell’accusa di interruzione di pubblico servizio, picchettaggio e istigazione a delinquere. «Noi dovremmo insegnare la legalità ai nostri ragazzi. In Italia c’è troppo lassismo rispetto a questo tema, basti considerare quello che è stato capace di dire il sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone pochi giorni fa», spiega ancora la Dardanelli. «Non siamo più nel ’68, i ragazzi occupano per motivazioni futili, praticamente inesistenti. La politica non c’entra».

Occupare oggi è, a detta della preside dell’istituto “Enzo Rossi”, è più che altro una «febbre autunnale». Che si manifesta proprio in quel particolare periodo che va da novembre a dicembre.

Alcune immagini dell’istituto “Enzo Rossi” durante l’occupazione


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