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Torna il tempo del pensiero politico e di quello strategico

Assistiamo ad un delirio europeo di mancanza di effettività, cioè un esercizio surreale del potere. Juncker che prima minaccia mafiosamente alcuni paesi membri (Italia, Francia e Belgio) di “conseguenze spiacevoli” se non faranno le riforme e poi esprime melliflui apprezzamenti per gli sforzi messi in atto da quei governi. Un presidente della Bce che annuncia periodicamente l’imminenza di “misure eccezionali” che poi non mette in atto (perché non può e non vuole). Un’ondata di proteste sociali che in Belgio, Italia, Grecia, Spagna, Francia e Germania sono la spia dell’atteso limite di sopportazione dell’austerità imposta da Bruxelles. L’esplosione popolare del sentimento anti-europeista che è interpretato, come quello europeista, da squalificati politicanti definiti populisti. Mentre il presidente francese Hollande si reca in pellegrinaggio ad Astana e Mosca nel tentativo di ridurre l’effetto sanzioni sulla sua economia, e rompendo le righe del diktat americano di isolare la Russia, il nostro Napolitano si dileggia in esternazioni inquietanti definendo “patologia eversiva” la legittima volontà popolare di rifiutare la politica che c’è. Anche in Germania assistiamo a strani duetti, con la Merkel che dichiara “le riforme di Italia e Francia insufficienti” mentre il suo ministro dell’economia, il potentissimo Wolfgang Schaüble, usa toni melliflui come Juncker. Su tutto questo restano in sospeso nel prossimo futuro le elezioni legislative e il referendum “breaxit” nel Regno Unito. Se poi si aggiunge la violenta spinta deflazionista causata dalle scelte strategiche dell’Arabia Saudita di continuare a ridurre il prezzo del barile, il quadro si fa sempre più fosco. Ma l’Italia renziana, subito dopo la visita papale e quella dello zar Putin, si scopre nuovamente “amica” della Turchia, dove transiterà il principale (unico?) gasdotto russo di fornitura di gas all’Europa del Sud. La Libia continua a scivolare nell’abbraccio dell’estremismo jihadista, l’Algeria resta in sospeso legata al moribondo presidente Bouteflika da poco dismesso da un ospedale in Francia, la Palestina si radicalizza anche grazie alle improvvide prime dichiarazioni della neo-nominata Mogherini a favore di “due Stati”, il quadro del vicino Oriente resta fluido e indecifrabile mentre è vestito di vere menzogne e false verità.

In tutto ciò il progetto di Unione europea è al palo. Le elezioni anticipate in Svezia vedranno, dicono i sondaggi, un’avanzata dell’estrema destra di stampo razzista e finanche neonazista. Se si dovesse andare ad elezioni anticipate in Germania, i sondaggi indicano oggi un forte calo della coalizione di partiti democristiani, la stagnazione dei socialdemocratici verso il basso, la crescita dei Verdi e la forte crescita degli estremi di sinistra (Linke) e liberal-nazionalista (AfD). In Grecia ci si sta avviando verso elezioni presidenziali che porteranno quasi certamente a quelle legislative anticipate a marzo, con Syriza al primo posto per chiedere l’uscita della Grecia dal giogo ignobile impostole dalla Troika. In Spagna il rischio di elezioni anticipate si avvicina, con il raggruppamento Podemos in prima linea pronto a chiedere la fine immediata delle politiche di austerità, e quindi l’uscita dall’eurozona. Il destino della Francia è sempre di più nelle mani del Fronte Nazionale di Marine Le Pen che chiederà l’immediato ristabilimento della sovranità nazionale. L’Italia è in un caos indicibile, con evidenti spinte esogene che preparano una nuova “tangentopoli” e l’inevitabile arrivo della Troika accompagnata da un garante del Britannia, Amato o Draghi. Mentre il Regno Unito vive pulsioni secessioniste e isolazioniste sempre più forti le prossime future elezioni legislative accentueranno la frattura con l’Ue. Tutto questo spiega bene perché da qualche tempo il famoso sito americano di “previsione” Stratfor pubblica settimanalmente uno speciale dal titolo evocativo “L’Europa in ginocchio”.

Quindi mentre l’Europa è al palo, gestita dalla debolissima coppia Juncker-Draghi, negli Usa il Congresso vota con il 97% dei consensi una legislazione che autorizza il presidente a potersi ingaggiare nella “guerra permanente” senza bisogno di altre autorizzazioni. Se anche il Senato approverà questo testo lo sapremo tra poche settimane. Obama e i suoi successori avrebbero un mandato di guerra permanente dovunque nel mondo. Nemmeno Bush jr aveva osato tanto! Allo stesso tempo il Senato Usa pubblica un rapporto scioccante che dimostra come le pratiche di tortura utilizzate dopo il 9/11, e tutt’ora, siano incompatibili con la Costituzione americana e con lo stato di diritto e democratico. Una strana schizofrenia, guerraiola da un lato e legalista-garantista dall’altro, che fa sorgere non pochi dubbi sulla tenuta reale del sistema petro-dollaro-centrico degli Usa. Una potente propaganda vorrebbe la Russia e l’Iran pronte all’implosione in forza delle sanzioni occidentali. Da analisi più approfondite non sembra che sia così perché i due paesi hanno rapidamente sganciato tutto il possibile delle loro economie dal sistema dollaro-centrico. Per motivi diversi, con una buona dose di cinico opportunismo, anche la Turchia ha rapidamente accettato le proposte economiche della Russia (e della Cina).

Che l’Europa sia in ginocchio lo vediamo da soli, anche grazie a leader politici talmente mediocri che non potevano fare di meglio, ma è tempo di interrogarsi seriamente su come e dove collocarsi nel grande gioco iniziato con la ridefinizione dei rapporti di forza geopolitici nel dopo Guerra Fredda. Il fantasma dell’integrazione europea, con i suoi cantori e i suoi neomelodici, non basta più.

Torna il tempo del pensiero politico e di quello strategico.

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