Pier Ferdinando Casini è stato a un passo dal Quirinale. Nella short list del Nazareno il suo nome era arrivato ad essere secondo nella terna con Amato e Mattarella. La sua opzione era stata il risultato di un lungo e laborioso, quanto riservato, lavoro diplomatico per riunire il centrodestra in una proposta credibile ed autorevole anche per il Pd.
Renzi aveva davanti a sé due opzioni: o aprire al candidato “esterno” con il rischio di rompere l’unità della sua formazione oppure scegliere la persona che compattava il partito con il rischio di una rottura con Forza Italia ed Ncd. Ha scelto la seconda strada, quella che ha condotto a Sergio Mattarella.
In questo contesto, soltanto chi non conosce Casini poteva pensare che l’ex presidente della Camera avrebbe potuto mettere in campo una strategia di sabotaggio nel tentativo di ritornare in pista. Un attimo dopo la decisione di Renzi, preso atto dell’esito, il leader democristiano (è presidente dell’Internazionale Dc, cui aderisce anche la Merkel) è divenuto il principale sostenitore del giudice costituzionale e Presidente della Repubblica in pectore.
La mossa è stata dettata dal profondo senso delle istituzioni che nutre e quindi per la necessità che il nuovo Capo dello Stato sia riconoscibile ai cittadini per avere ottenuto un consenso ampio in Parlamento. Non solo. La riflessione di Casini – che si presume possa essere stato deluso da come il presidente del Consiglio ha gestito il dialogo con il centrodestra – è stata volta ad evitare di avere al Quirinale un inquilino che, per quanto autorevole, potesse essere “ostaggio” dei democratici, suoi unici azionisti.
Così ha lavorato di fino con numerosi incontri e colloqui, pubblici e privati, per favorire un approccio meno arrogante di Renzi (vedi appello) e riportare sia Fi che Ncd ad un approccio di non ostilità se non di sostegno aperto e trasparente. Ancora una volta, la saggezza, l’esperienza politica alta e la dedizione per le istituzioni hanno prevalso nonostante le leggerezze di Palazzo Chigi.
Casini non andrà al Quirinale, almeno per ora. Di certo c’è che ha (ri)conquistato centralità politica, ed anche la gratitudine del nuovo Presidente della Repubblica. I democristiani di rango sono così. Competono fra loro ma poi sanno unirsi sulle cose che contano davvero.