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Cosa proporrebbe Kissinger a Obama e Putin sull’Ucraina?

L’interrogativo contenuto nel titolo di quest’articolo è meno balzano di quanto può sembrare. Completiamo il titolo con altri dettagli: “Cosa proporrebbe Henry Kissinger se dovesse essere incaricato di trovare un terreno d’incontro fra Obama e Putin?”.

FRA KERRY E LAVROV

Fra gli USA e la Russia esiste per l’Ucraina una pericolosa situazione di stallo. I due presidenti si disprezzano a vicenda. Non si fidano l’uno dell’altro. Invano, i due ministri degli esteri – Kerry e Lavrov – hanno cercato si sbloccare la situazione. Kerry ha proposto un incontro a quattr’occhi a Mosca. Non è stato accettato. Le distanze fra gli USA e i loro alleati europei si stanno accrescendo.

GLI USA E L’EUROPA

Il prestigio e l’influenza USA in Europa sono ai minimi storici. Il fallimento della finanza anglo-americana, il caso Snodown e le intercettazioni della NSA al telefono della Merkel hanno diminuito la credibilità USA e, con essa, la Westbindung. Essa si è indebolita anche per il fatto che, dal 2000, le esportazioni tedesche sono cresciute dal 30 al 48% del PIL, soprattutto verso i Paesi emergenti. La Cina vuole una Germania forte, perché pensa che sarebbe più indipendente dagli USA.

PUTIN E LA CRISI RUSSA

Dal canto suo, Putin non potrà reggere a lungo la crisi economica russa. Per non perdere di popolarità, fa sempre maggior leva sul patriottismo russo. Segue una politica estera sempre più aggressiva, come risulta nel suo discorso di fine anno e nella nuova dottrina strategica di Mosca. Le tensioni con gli USA aumentano. Il punto di non ritorno è stato forse raggiunto con la decisione di Obama del 18 dicembre scorso di nuove sanzioni e l’aumento degli aiuti militari all’Ucraina. Kerry ne aveva ipotizzato con Lavrov la riduzione, in cambio della cessazione degli aiuti militari russi agli insorti del Donbass. Lo scambio è stato respinto sia da Obama che da Putin. Sembra che Kerry, persuaso della necessità di avere il sostegno russo per la Siria, l’Iran e anche nell’Asia Orientale, abbia chiesto a Kissinger di mettersi in contatto con Putin per cercare di sbloccare l’impasse.

 

IL RUOLO POTENZIALE DI KISSINGER

Perché Kissinger? Perché l’ex-segretario di Stato di Nixon sembra comprendere le ragioni di Putin meglio di ogni altro politico americano ed europeo. Non direbbe mai, come la Merkel, che la geopolitica di Putin è quella del secolo scorso. Da buon realista, riesce a capire la sua strategia, basata sulla power politics. Essa non rispetta l’ordine internazionale, definito e gestito dagli USA. Kissinger sa che l’ordine mondiale basato sull’assoluta egemonia americana è finito, e che nulla l’ha sostituita. E’ necessario trovare un altro paradigma.

I CONSIGLI DI KISSINGER ALL’AMERICA

Nel suo recentissimo saggio “World Order: Reflections on the Character of Nations and the Course of History”, afferma che la politica estera americana deve fare una svolta copernicana, basata sulla comprensione delle realtà della geografia (specie di quella umana), della storia e soprattutto della power politics. Deve abbandonare lo spirito missionario, ereditato dai Padri Fondatori e ridefinire quali siano gli interessi nazionali americani. Per essi un rapporto di cooperazione con la Russia è essenziale. Va fondato sul riconoscimento degli interessi vitali di Mosca.

PUTIN FRA AGGRESSIVITA’ TATTICA E DEBOLEZZA STRATEGICA

Kissinger ha sempre sostenuto la necessità di una grande cautela nel caso dell’Ucraina. Ha poi una visione dell’ordine multipolare del mondo, sostanzialmente convergente con quella di Putin. E’ persuaso che il presidente russo abbia, a differenza di Obama, una visione strategica, che persegue con determinazione. Per gli USA è essenziale che Mosca non si allei completamente con Berlino né con Pechino. L’aggressività di Putin è tattica. E’ volta anche a mascherare la sua debolezza strategica. Non bisogna metterlo con le spalle al muro, obbligandolo a qualche “colpo di coda”, perdendo di fatto l’indipendenza russa nei confronti di Pechino.

 

LE IDEE DI KISSINGER

Le idee di Kissinger sul nuovo ordine internazionale sono note. Per la prima volta nella storia si tratta di un ordine mondiale. Nel passato, tutti gli ordini, anche quello del “Concerto delle Potenze Europee”, erano regionali. Un nuovo conflitto mondiale segnerebbe la fine dell’Occidente a vantaggio di potenze emergenti, che non aderiscono ai principi internazionali imposti dall’Occidente al resto del mondo non perché fossero più morali di altri, ma per la maggiore capacità occidentale di gestire la forza militare. Kissinger è critico nei confronti del pacifismo. La conoscenza della storia gli ha insegnato quanto sia un’utopia pericolosa. Le invocazioni della pace hanno sempre sollevato venti di guerra. Sono state uno strumento della politica, volto a disarmare moralmente l’avversario. Per Kissinger, l’ordine internazionale non è un ordine morale, anche se i politici per ottenere consenso sono obbligati a rappresentarlo come tale. Non deriva dal rispetto dei diritti umani, né dal tipo di regime politico interno. La condanna della guerra è vecchia come la guerra. Forse l’impossibilità di abolirla dipende dal “peccato originale”. Ma per la guerra basta uno, mentre per la pace occorre essere in due.

L’ORDINE E LA POTENZA

Qualsiasi ordine è stato fondato sulla potenza. Nella storia, ve ne sono stati due tipi, che hanno garantito l’assenza di guerra, che, convenzionalmente chiamiamo pace: l’egemonia e la balance of power. Nei venticinque anni seguiti alla fine della guerra fredda, l’ordine mondiale, politico ed economico, è stato basato sull’egemonia degli USA. Essa sta attenuandosi in entrambi i settori. Occorrono nuovi paradigmi. Nuovi per modo di dire. Si tratta, infatti, di quelli della power politics e della balance of power del passato. Senza quest’ultima, dominerebbe il caos. Nel loro periodo egemonico, gli USA li hanno dimenticati. Essendo l’unica superpotenza, non avevano bisogno di una power politics. Preferivano perciò gli alleati leali a quelli forti. Il mito missionario degli USA come “nazione indispensabile” poteva cullarsi nelle pericolose fantasie della “Fine della Storia”, abbracciate dal presidente Clinton e dalla persuasione dell’irreversibilità della globalizzazione e della prevalenza della geo-economia sulla geopolitica.

L’ORDINE MONDIALE SECONDO PESSIMISTI E OTTIMISTI

Oggi, il mondo globalizzato si sta frammentando. Domina il caos. Per gli ottimisti, è in atto il processo di regionalizzazione, che lo stesso Kissinger aveva auspicato una quindicina di anni fa nel suo “Does America need a foreign policy?” Per i pessimisti, sta dominando la ri-nazionalizzazione e il “patriottismo territoriale, etnico e religioso”, più che evidenti in Medio Oriente e nella stessa Russia di Putin. Esso sta mettendo in forse i risultati raggiunti a Westphalia, disgregando gli Stati.

 

AMERICA COME IL CUORE DELLA TERRA

Come costruire un nuovo ordine oggi che all’egemone americano non ne è subentrato uno nuovo, e neppure un accordo fra gli USA e la Cina (la c.d. “Chimerica”)? Come superare le profonde disomogeneità anche nelle culture etico-politiche esistenti nelle grandi potenze? Secondo Kissinger, gli USA rimarranno – per la loro geografia, economia e forza militare – quello che la geopolitica classica definisce “il cuore della terra”. Devono rinunciare al moralismo e al loro tradizionale spirito missionario, e promuovere un sistema “Hub and Spoke”, collegandosi con una serie di ordini regionali, ciascuno regolato da una propria dinamica: una potenza egemone o l’equilibrio fra le varie potenze regionali. Non devono cercare più di “raddrizzare le gambe ai cani”, come hanno cercato disastrosamente di fare in Bosnia, Afghanistan e Iraq. Washington deve ridurrebbe i suoi impegni esterni, e intervenire solo in caso dei due eventi che potrebbero condurre ad un’egemonia sulla massa continentale eurasiatica: l’alleanza della Russia con la Germania o con la Cina.

 

I TIMORI PER UN’ALLEANZA FRA GERMANIA E RUSSA

Kissinger – al pari del britannico McKinder – ha sempre temuto un’alleanza fra la Germania e la Russia, che avrebbe poi assorbito il resto dell’Europa continentale. Per questo, è stato favorevole agli allargamenti della NATO e dell’UE, finché essi rimanevano compatibili con un progetto di cooperazione fra l’Occidente e la Russia. Temeva un vuoto di potere fra Berlino e Mosca. Si era invece opposto con vigore alla proposta di Bush jr. di allargare l’Alleanza all’Ucraina e alla Georgia. Era sicuro che Mosca avrebbe reagito.

LE DIFFICOLTA’ MEDIATORIE DI KISSINGER

La sua opera di mediazione, ammesso che accetti di farla – ma forse è già in atto con la massima discrezione – è estremamente difficoltosa. Il gioco delle azioni e reazioni fra Washington e Mosca, sul “campo di battaglia ucraino” è ormai “a somma zero”. La sfida di Kissinger è trasformare l’Ucraina da terreno di scontro a uno di collaborazione. Obama, per avere l’appoggio del Congresso e del Senato, entrambi a maggioranza repubblicana, rischia di perdere parte dell’Europa – in particolare la Germania – più consapevole dell’importanza vitale anche psicologica che l’Ucraina ha per la Russia e per Putin. Il presidente russo non può accettare che alla crisi economica si sommi un’umiliazione in Ucraina, anche se il paese fosse mutilato, oltre che della Crimea, anche delle regioni russofone.

LA PROPOSTA TEORICA

Quale potrebbe essere la proposta di Kissinger? Egli ha affermato di non credere che esista una legge di natura secondo cui uno Stato che lo desideri abbia diritto di far parte della NATO. Allora perché non dire agli ucraini che non sono liberi di scegliere il loro futuro? L’Ucraina non potrà mai entrare nell’Alleanza. Non sarebbe un diktat americano. L’entrata è subordinata all’unanimità degli Stati membri. Forse, l’impegno solenne degli USA di votare al Consiglio Atlantico contro l’eventuale richiesta di ammissione dell’Ucraina, potrebbe sbloccare la situazione di stallo fra Obama e Putin. Essa dovrebbe essere accompagnata dall’impegno alla cessazione degli aiuti militari russi agli insorti e americani a Kiev, e alla clausola di bloccare ogni aiuto finanziario agli ucraini qualora dovessero riprendere l’offensiva contro i filo-russi.

Si tratta beninteso di uno scambio che mortifica la sovranità ucraina. Sembra l’unica soluzione realisticamente possibile, lasciando cadere ogni fantasia che possa esserci un reset fra Washington e Mosca e di un sistema paneuropeo di sicurezza, sostenuto soprattutto dall’Italia e dalla Germania con l’attenuarsi della Westbindung.     



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