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Come reagire alle guerriglie stile Cremona

Consiglio a tutti di rivedere i video e le immagini del pomeriggio di passione vissuto sabato scorso a Cremona (ad esempio su youreporter.it). La violenza della guerriglia, l’esiguità delle forze dell’ordine, la libertà con cui un’orda compatta di facinorosi coi volti travisati mette a ferro e fuoco una nostra città sono inquietanti. Tra arredi urbani divelti, istituti di credito e sedi della polizia locale distrutti, fumo di lacrimogeni, cittadini spaventati in cerca di un riparo qualcuno si domanderà cosa sta accadendo in Italia e, soprattutto, che cosa potrà succedere man mano che una crisi sempre più cruenta esaspera gli animi.

Intendiamoci, con la crisi economica la manifestazione di sabato scorso, originata da un precedente scontro tra frazioni estremiste conclusosi con un ferito grave, c’entra poco o nulla, ma mette a nudo uno scenario preoccupante.

Nessuno mette in dubbio l’irrinunciabilità di libertà fondamentali come quella di riunirsi e di manifestare, in pubblico, ma, come precisa l’art. 17 della Costituzione, “pacificamente e senz’armi” perché non si possono mettere a rischio altri diritti di rilievo costituzionale, come la vita, la salute, la libertà di circolazione, la proprietà privata.

I fatti di Cremona impongono dunque una riflessione: il punto di equilibrio raggiunto è soddisfacente o no?
Ebbene, credo sia sotto gli occhi di tutti che l’attuale sistema di regole funzioni per gli eventi organizzati da associazioni, sindacati, partiti o comunque da soggetti che operano nella legalità e che si preoccupano di prevenire degenerazioni, tanto da predisporre, quando serve, un proprio servizio d’ordine.

Ma contro chi scende in piazza con caschi, sbarre d’acciaio, catene, bulloni, lacrimogeni, sanpietrini, col solo scopo di fare guerriglia e portare devastazione, le attuali regole vanno riviste: inasprimento delle pene, estensione delle misure di prevenzione e di repressione previste per gli eventi sportivi, divieto di manifestare a volto coperto, arresto immediato o in flagranza differita per i “mascherati” e per chi è trovato in possesso di mezzi idonei ad offendere, divieto di partecipazione per condannati o denunciati per reati contro l’ordine pubblico o comunque violenti (sulla falsariga del DASPO), più controlli sui luoghi di aggregazione dove cattivi maestri predicano la violenza e sui fiancheggiatori silenziosi (e i centri sociali, si sa, hanno sempre potuto contare su simpatizzanti in una certe area politica).

E poi, basta con gli attacchi alle forze dell’ordine: vorrei che ognuno di noi provasse a calarsi nei panni di chi deve tenere la posizione e allo stesso tempo preoccuparsi di rispondere “adeguatamente” a violenti armati e pronti a tutto che gli tirano pietre e bulloni, lo caricano, lo percuotono, lo insultano, gli sputano.

Bisogna però fare in fretta perché la disoccupazione che cresce, lo Stato sociale che arretra, le povertà e il disagio che aumentano, la rabbia contro la politica, lo Stato, le istituzioni, formano una polveriera in attesa solo di qualcuno che accenda la miccia.

Giusto ieri mattina Salvini, su La7, parlando della manifestazione programmata per contestare la bocciatura del referendum abrogativo della legge Fornero sulle pensioni ha dichiarato di essere pacifista, sottolineando però anche i rischi che a breve potrebbero derivare dalla crescente esasperazione di chi non arriva a fine a mese. Sono certo che lui e la Lega faranno di tutto, anche nella comunicazione, perché la manifestazione si mantenga pacifica e sicura, ma temo che in fondo Salvini (che sulle pensioni sbaglia, perché senza le riforme oggi saremmo nel baratro e se tornassimo indietro ci finiremmo nel giro di qualche anno) sul resto abbia ragione, e che i segnali vadano colti finché si è in tempo.

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