Perché si è intervenuto per decreto sulle banche popolari, mentre per misure urgenti come quelle anti-terrorismo, annunciate peraltro da mesi, ciò avverrà (forse) solo giovedì prossimo?
È un dubbio che si sono posti molti addetti ai lavori dopo aver assistito oggi all’ennesimo slittamento al prossimo Consiglio dei ministri, previsto il 22 gennaio per l’appunto, dell’approvazione delle misure di contrasto al jihadismo e in particolare ai foreign fighter.
Perché il nuovo rinvio? A spiegarlo sono state fonti dell’esecutivo, che hanno precisato che il provvedimento non avrà più la forma di un disegno di legge, ma di un decreto. Non potendo fare molti decreti in assenza del presidente della Repubblica, e dovendoli sottoporre alla firma del presidente del Senato Pietro Grasso, si è ritenuto necessario percorrere la strada di un unico decreto che riguarderà, appunto, sia l’antiterrorismo che le missioni internazionali che oggi non erano ancora pronte.
Motivazioni che non chiariscono del tutto la lentezza con la quale queste misure – resesi ancor più necessarie dopo la strage di Parigi e le numerose minacce a Roma e al Vaticano -, stanno vedendo la luce.
Il decreto legge venne annunciato tre mesi fa dal ministro Angelino Alfano. Nella ricostruzione di Formiche.net, il titolare del Viminale, nel corso di un seminario organizzato dal Centro studi americani il 10 ottobre 2014, annunciò una misura imminente di contrasto al terrorismo. Poi il governo, secondo un’indiscrezione riportata sul Sole 24 Ore da Marco Ludovico, ritenne che – per motivi tecnico-giuridici -, la formula migliore non fosse quella del decreto, bensì quella del disegno di legge, allungando ulteriormente la gestazione del provvedimento. Oggi questa decisione è nuovamente mutata. Si spera, bisbigliano i maligni, per l’ultima volta.
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