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Tutti gli effetti (veri o presunti) della norma fiscale pro Berlusconi

“Nessun inciucio. Siamo pronti a bloccare ogni possibile norma ‘ad personam’ contenuta nella riforma del fisco. Attenderemo l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica e la conclusione dell’affidamento ai servizi sociali di Silvio Berlusconi. Poi cambieremo e invieremo il testo alle Camere”. Così il premier Matteo Renzi ha voluto fugare critiche e perplessità su possibili “regali” al leader di Forza Italia riguardo il decreto legislativo fiscale approvato dal Consiglio dei Ministri a Natale.

Un tetto ad personam?

Provvedimento che concerne la realizzazione della legge delega di riforma del fisco ma che ha visto accendersi i riflettori degli organi di informazione e del ceto politico per un punto ben preciso. Un passaggio che esclude la punibilità penale per una tipologia di reati – tra cui la frode tributaria – che rientrano in una soglia del 3 per cento di evasione sul reddito imponibile.

Limite che può applicarsi alla fattispecie per cui Silvio Berlusconi è stato condannato in via definitiva dalla Corte di Cassazione nell’agosto 2013.

Norme retroattive

Il tema controverso al centro di riflessioni e dibattiti tra analisti e giuristi coinvolge la sfera temporale di applicazione delle norme approvate dall’esecutivo. Le nuove regole possono riflettersi sulla sentenza della Suprema Corte, arrivando a modificarne o annullarne gli effetti in forma retroattiva?

Apparentemente sembrerebbe di no, attenendoci ai principi elementari della civiltà giuridica. Ma il problema, come spiega sul Sole 24 Ore Donatella Stasio, è molto più complesso.

I vantaggi per l’ex Cav.

Il Codice penale prevede infatti che l’abrogazione o la depenalizzazione successiva di un reato fa cessare l’esecuzione della condanna e i suoi effetti. Nel caso dell’ex Cavaliere, verrebbe cancellato il verdetto e l’affidamento in prova all’assistenza degli anziani nella casa di cura di Cesano Boscone.

Ancora più nebulosa è la questione dell’incandidabilità e decadenza del fondatore di Mediaset rispetto ai ruoli elettivi e istituzionali. E più complessivamente le misure interdittive dai pubblici uffici. Un tema, scrive la giornalista del Sole esperta di giustizia, che rimane aperto e verrà sciolto quando la pena dell’ex premier sarà pienamente scontata.

Le norme approvate a Palazzo Chigi, rimarca Donatella Stasio, favorirebbero Berlusconi in un’eventuale nuova condanna: “L’ex Cavaliere potrebbe beneficiare di un’ulteriore riduzione di pena – nei limiti dei 3 anni – poiché la precedente è stata di fatto cancellata”. E il prossimo appuntamento giudiziario, relativo alla vicenda Ruby, sarà trattato in Cassazione in autunno.

All’opera i sabotatori del Patto del Nazareno?

Ragionamenti e valutazioni che non lasciano indifferente il fondatore di Forza Italia, il quale non ha mai nascosto l’aspirazione a recuperare piena “agibilità politico-elettorale”.

Tuttavia la strategia comunicativa di Palazzo Grazioli è improntata al low profile. È Tommaso Labate a tracciarne i contorni sul Corriere della Sera. “Di quella norma – osserva Berlusconi – non sapevo nulla. L’ho letta sui giornali. E da quello che ho potuto capire poi assieme ai miei avvocati, non è nemmeno detto che fosse applicabile al caso del sottoscritto”.

Ma il punto politicamente rilevante è un altro agli occhi dell’ex Presidente del Consiglio. Il quale nella controversa vicenda vede all’opera “una manina che si sarebbe mossa con lo scopo di mettere in crisi il Patto del Nazareno a poche settimane dall’elezione del nuovo Capo dello Stato. L’atmosfera che si respira sotto l’ombrello dell’accordo Pd-FI è tutto sommato buona, le possibilità di individuare un candidato che ce la faccia alla quarta votazione sono concrete. Ed ecco che proprio adesso spunta una leggina che può mandare a monte tutto”.

Un colpo di scena

Gettare ombre su un’intesa già avvolta da misteri, illazioni, voci incontrollate, sospetti di scambi inconfessabili?

Certo è che tra ricostruzioni, improvvisazioni legislative, smentite e retromarce, il governo Renzi si è ritrovato nella fase più delicata del mandato un ostacolo insidioso che lo espone al rischio impopolarità.

Per tale ragione, muovendosi da consumato e abile giocatore di scacchi nel labirinto della politica italiana, l’ex primo cittadino di Firenze ha scelto di assumere la piena paternità del provvedimento.

Norma voluta dal premier e concordata con i ministri

Per giorni si è assistito a un imbarazzante rimpallo di responsabilità tra Palazzo Chigi e Tesoro.

Adesso il leader del Partito democratico – spiegano Antonella Baccaro e Marco Galluzzo sempre sul quotidiano di Via Solferino – nega ogni giallo: “La norma incriminata l’ha voluta lui, è stata condivisa con il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan e discussa con gli altri titolari dei dicasteri. È una misura che fa parte dello spirito del provvedimento fiscale”.



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