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Perché Renzi deve investire sull’Intelligence

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Questo governo non ha evidentemente particolare interesse per l’intelligence o per le azioni non-pubblicitarie in politica estera.
Anche il governo di Mario Monti sostenne la rivolta semi-jihadista in Libia, dopo i primi sospetti, salvo poi lasciar marcire la situazione, senza dar retta ai nostri Servizi che avevano già tessuto una serie di alleanze tra le tribù locali maggiori e selezionato, ovvero addestrato, una nuova classe dirigente post-gheddafiana e, soprattutto, non jihadista.

Fatta la “bella figura” con i nostri amici britannici, francesi, statunitensi, finita la problematica libica, proprio nel momento in cui lo stato nordafricano collassava, facendo da detonatore per l’Egitto e per la Tunisia, oltre a generare flussi di qaedisti dal Ciad e dall’area subsahariana occidentale.
La “bella figura”, l’ossessione ironica di quel grande umorista che fu Achille Campanile….
Lo scenario peggiore in Libia si realizzò quasi subito, ma nessuno  se ne è accorto in tempo, tutti presi come erano a tessere le lodi  delle “magnifiche sorti e progressive” della “democrazia” libica.
Le “alcinesche seduzioni”  della Libertà e della Democrazia, come le chiamava Benedetto Croce, sono auto-propaganda, qui si tratta, e si doveva farlo subito, di gestire con pesanti ingerenze lo sviluppo post-gheddafiano della Libia, altro che illuminismi da cattivi studenti di Liceo.
Insomma, non vi sono segnali, nell’Esecutivo, di aver ben compreso che, oggi, senza l’intelligence, non si va da nessuna parte e, soprattutto, non si internazionalizza in modo corretto  la nostra economia.
Torneremo in seguito sulla intelligence economica della nostra rapida internazionalizzazione finanziaria.
Strano a dirsi, ma l’ossessione economicista di tanti liberali o cattolici progressisti ricorda da vicino quello che lo stesso Karl Marx definiva il “marxismo volgare”.
I qaedisti invece  fanno politica, eccome, e non economia. Dal loro punto di vista, è un elemento di forza, non di debolezza.

Viene in mente qui quando un allievo di La Pira, il “sindaco santo” di Firenze, tanto  caro al cuore di Matteo Renzi, mandò un suo collaboratore da Habib Bourghiba, per chiedere al grande leader tunisino di dare una mano a organizzare una Conferenza sulle “Tre Religioni monoteiste” a Roma.
Habib, che era un fine umorista, chiese subito l’aiuto delle società immobiliari del Vaticano per creare un polo turistico sulla costa tunisina poi, visto che l’uomo del sindaco fiorentino non capiva le sue necessità, sbottò con un icastico “moi, je suis cartesien”, all’ennesima richiesta teologica del lapiriano.
L’economia è sempre il punto di congiunzione di politica estera, che senza intelligence non è praticamente possibile, cultura e scuola, che costruiscono un popolo fin nei minimi particolari, finanza, che è addirittura una forma della politica estera, e, naturalmente, la visione: cosa si vuole che l’Italia sia nei prossimi anni.  Senza un progetto e una “vision”, non ci sono decisioni concrete.

Nessuno di questi elementi, malgrado il buon rapporto tra Matteo Renzi e molti dei dirigenti dei nostri Servizi, è presente nell’azione del Governo diretto dall’ex-sindaco di Firenze.
C’è la questione, peraltro, di permettere ai nostri operatori dei Servizi di entrare nelle carceri e interrogare i detenuti jihadisti, il che dovrebbe essere una assoluta ovvietà, e c’è anche la tematica  delle “garanzie funzionali” per gli uomini dell’intelligence. Chi altri dovrebbe interrogare i qaedisti? I bravi marescialli della Benemerita abituati agli scippatori o ai mariti maneschi?
La legge n. 124 3 Agosto 2007, la “riforma dei Servizi” è oggi una legge che regola, soprattutto, il rapporto tra classe politica e intelligence, mentre inserisce alcune tutele per gli agenti, le “garanzie funzionali” che permettono loro di compiere, con i dovuti permessi, attività illecite, ma sempre nell’ambito dei “reati bagatellari”.
Bene: se allora il magistrato inserisce il nome dell’operativo nei documenti, è poi comunque difficile cassarlo, e quindi si rompe il vincolo della segretezza, essendo gli atti giudiziari eminentemente pubblici.

Poi, perché solo i “bagatellari”? Un operativo di un Servizio che si rispetti deve anche, con tutte le cautele e sicurezze, operare anche quelli che, con una antica metafora britannica, vengono definiti, in un Servizio, “gli affari bagnati”.
Il reato compiuto da un operativo del Servizio è in funzione del fine politico e della Ragion di Stato, non del rilievo specifico della sua azione più o meno illegale.
Altrimenti, avremo in Italia, e già ce ne sono i pericolosi segnali, un sistema di intelligence molto “beneducato” e gentile, mentre si lascerà ad altri Servizi, collegati o avversi, il campo libero in  tutto il Paese, e loro se ne fregano della tipologia dei reati, vogliono raggiungere il loro obiettivo e basta.
E in un momento, è bene ricordarlo, dove tutto l’Islam è in ebollizione e il jihadismo invia i suoi vecchi “combattenti” dalla Siria e dall’Iraq a organizzare reti, strutture, meccanismi di guerra psicologica e coperta per colpire, secondo la vecchia frase di Bin Laden, “i Crociati e gli Ebrei”.
Un Servizio non è un’accademia, è l’asse primario dello Stato nella politica estera, e non solo lì.
Viene ancora in mente Alexandre de Marenches, lo straordinario direttore del vecchio SDECE francese, che scherzava affermando che “non si sa ancora quanto siano utili gli incidenti stradali, in certi momenti”.

Era una battuta, ma significava come, in un determinato contesto, l’interesse superiore dello Stato (e della comunità di tutti i suoi cittadini)  debba, e possa, permettere decisioni anche terribili, che nessuno di  noi prenderebbe mai per tutelare il proprio “particulare” o gli interessi della propria famiglia o azienda.
Occorre qui ricordare anche lo straordinario Ammiraglio Fulvio Martini, che amava ripetere che “per fare il nostro lavoro occorre essere dei veri galantuomini, altrimenti si rischia di sporcarsi non solo le mani…” e, certamente, il caro amico, che tanto mi manca ancora, Fulvio Martini sorriderebbe a sentir parlare di “reati bagatellari” da permettere con una farraginosa e spesso inevitabilmente palese procedura.
E ritorniamo, quindi, alla questione del pagamento dei  riscatti, negati, o forse accettati e saldati, in una lotta tra intelligence alleate  che non dovrebbe essere mai nemmeno concepita.
Pagare non è male o bene, dipende, ma deve essere subito chiaro che non lo si deve sapere, mai.

Chissà cosa penserebbe di questa pessima pubblicità proprio Fulvio Martini, che operò contro i Servizi francesi, dopo un primo, rifiutato, tentativo di accordo, per risolvere la questione della successione tunisina a Bourghiba, sostenendo, ed era una nostra autonoma iniziativa, proprio Zine El Abidine Ben Alì. Bagatelle? Si, per dirla con Céline, bagatelles pour un massacre…
E chissà cosa direbbero, oggi, di quella operazione del nostro vecchio SISMI che, decisa in un bell’albergo di Abano Terme, portò al potere il nostro uomo in Libia, Muammar Al Minyar El Gheddafi.
Tutto in perfetto segreto, tutto in piena collaborazione tra analisti e operativi sul terreno, tutto, soprattutto, pienamente coperto dalla classe politica, informata correttamente ma, come si conviene, non troppo e non di tutto.
Ecco, con questa classe politica inesperta e spesso inadeguata, e in particolare in politica estera, non ci sarà modo di lavorare bene, per i nostri Servizi, costretti a fare da Master di Secondo Livello in politica estera per ministri digiuni di geopolitica e strategia globale come ragazzini.

Vi è anche la richiesta, ancora inevasa dal Governo, di rifornire i nostri Servizi di più fondi e personale addestrato per fronteggiare la cyberguerra, che sarà l’asse sia del nuovo jihad che delle guerre economiche e finanziarie prossime venture.
i due colonnelli cinesi che hanno scritto, alla fine del XX secolo, “Guerra senza Limiti”, lo sapevano bene.
La guerra, scrivevano giustamente Qiao Liang e Wang Xiangsui, non è più nemmeno una guerra isolata dal contesto politico e economico, ma una “guerra totale” che si combatte, asimmetricamente, nell’economia, nella comunicazione, nelle tecnologie, negli stessi processi del decision making politico, che divengono azioni di un bellum omnium contra omnes destinato a eliminare la tradizionale separazione, clausewitziana, tra guerra e politica e, soprattutto, tra guerra e pace.
Combinare “terreno e non terreno”, “guerra e non guerra”, “forze armate e non”, sarà la procedura della prossima politica estera europea, cinese, americana e, soprattutto, islamista, dove non ci sarà più differenza significativa tra le operazioni di un Servizio e quelle della Politica Estera statuale, tra decisioni economiche e di intelligence, tra finanza e programmazione delle Forze Armate.

E’ quindi assolutamente necessario rafforzare, indurire, migliorare e espandere il perimetro delle nostre Agenzie, che devono avere una migliore copertura al Governo e, possibilmente, una maggiore autonomia decisionale.
Il  Servizio deve, come ora non può accadere, gestire scelte e decisioni che, coperte dai Ministri competenti e dal Presidente del Consiglio, sono il risultato di una autonoma scelta geopolitica e strategica del Servizio. Altrimenti, l’accademizzazione delle nostre Agenzie le renderà sempre più deboli e ricattabili da una classe politica frazionista che non esiterà a distruggere l’immagine dei Servizi (è già successo) per farsi la guerra tra fazioni.

Giancarlo Elia Valori è professore di Economia e Politica Internazionale presso la Peking University e presidente de “La Centrale Finanziaria Generale Spa”

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