“Per arginare l’Islam radicale in Occidente bisogna favorire i processi di integrazione e dare credito ai musulmani moderati”. Ejaz Ahmad è un giornalista free lance e mediatore culturale pakistano. “Però lavoro anche in un cash and carry”, racconta. E’ a Roma dal 1989, ha una moglie italiana e due figli. E’ uno dei punti di riferimento della comunità pakistana e, più in generale, dei musulmani che vivono della Capitale. Alle ultime comunali si è candidato per i municipi con la lista di Ignazio Marino, senza essere eletto. Fa anche parte della consulta islamica voluta dal ministero dell’Interno. “Il ministro Maroni ci convocava spesso per discutere le problematiche dei musulmani che vivono in Italia, mentre Alfano non ci ha mai chiamato”. Ahmad era in piazza Farnese, giovedì sera, a manifestare solidarietà davanti all’ambasciata di Francia.
Ahmad, dobbiamo aspettarci altri attentati? Anche in Italia?
Non sono in grado di dirlo, ma se non si favorisce l’integrazione il rischio c’è. Quello che è successo a Parigi è orribile. Purtroppo l’Islam è una religione senza simboli, quindi non siamo abituati a vedere rappresentato il profeta Maometto, tanto più in vignette di satira. Ma se scegliamo di vivere nei Paesi occidentali, dobbiamo accettare regole, usi e costumi, compresa la satira. Ci sono cose molto più gravi per cui i musulmani dovrebbero indignarsi, come le dittature nei loro Paesi di origine, la condizione della donna, la corruzione, altro che qualche vignetta!I musulmani che vanno a vivere in altri Paesi devono essere in grado di riformarsi e modernizzarsi, adeguandosi al posto dove sono. Faccio un esempio: i musulmani indiani hanno accettato di non mangiare la carne di mucca, anche se l’Islam non lo prevede. Inoltre…
Inoltre?
Chi vive qui deve in un certo senso laicizzarsi, accettando che lo Stato e la politica sono una cosa e la religione un’altra. Mentre nei Paesi islamici il capo politico è spesso anche il capo religioso.
Qualcuno parla di guerra santa lanciata all’Occidente.
Non voglio entrare in dispute politiche sugli errori fatti da una parte e dall’altra negli ultimi anni. Mi limito a dire che l’unico modo per fermare l’Islam radicale in Occidente è favorire l’integrazione e dare credito ai moderati. Purtroppo nell’Islam i conservatori sono uniti e si muovono con una forte identità di gruppo, mentre i moderati sono divisi. Gli immigrati che vengono qui hanno una forte identità culturale, un po’ come gli italiani negli anni Cinquanta in America. Inoltre il problema è che siamo una comunità senza dirigenti, quindi senza interlocutori per le autorità italiane. Ma questo riguarda la matrice stessa della religione islamica, che è orizzontale e non verticale. Non c’è un leader unico come può essere il Papa. E ogni imam nella sua moschea fa un po’ come gli pare.
Voi moderati quindi dovreste essere più organizzati?
Sì, dovremmo ispirarci agli ebrei. La comunità ebraica è molto organizzata, con un leader riconosciuto – il rabbino capo – e riesce a far sentire forte la propria voce e la sua influenza, in Italia e in tutto il mondo occidentale. E comunque gli unici che davvero possono combattere il fanatismo islamico siamo noi moderati. Purtroppo questi attentati rischiano di rovinare in un colpo solo i progressi di anni, oltretutto favorendo gli altri integralisti, quelli dei partiti della destra europea come Marine Le Pen.
Com’è stato giudicato l’attentato nel mondo islamico romano?
Sono stato nella moschea di Tor Pignattara e l’Imam nella sua predica ha deciso di non parlare dei fatti di Parigi. Più in generale, i musulmani mi sembrano poco informati. Anche i giornali arabi non hanno dato grande spazio alla vicenda.
Come giudica l’atteggiamento di Papa Francesco?
Un Papa moderato e aperto al dialogo tra le religioni è sicuramente meglio di un Papa come Ratzinger che a Ratisbona attaccò apertamente l’Islam.
Come si favorisce l’integrazione?
Favorendo i diritti, come l’introduzione dello ius soli, presente ormai in tutta Europa tranne che in Italia. Chi nasce qui deve avere la cittadinanza italiana. Altrimenti un ragazzo arabo si sente figlio di nessuno. E potrebbe più facilmente diventare terreno fertile per l’integralismo. Bisogna dare ai musulmani che vivono qui la consapevolezza di far parte di una comunità, quella italiana.