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Le 3 ferite che Cofferati lascia nel Pd di Renzi

L’addio di Sergio Cofferati al Pd, dopo le polemiche per le primarie democrat in Liguria in vista delle regionali, segnala almeno tre ferite aperte nel Pd.

La prima riguarda lo strumento renziano per antonomasia: le primarie. Con le primarie nazionali del Pd, Matteo Renzi ha costruito prima la leadership nel Partito democratico e poi la rottamazione di Enrico Letta da Palazzo Chigi. Ora, invece, proprio sullo strumento primarie nascono le dimissioni dell’ex segretario della Cgil. Certo, sono comprensibili i rilievi dei renziani doc sul nomadismo elettorale dell’europarlamentare del Pd, Cofferati, che dopo essere stato sindaco di Bologna migra in un’altra regione per candidarsi a governatore della Liguria; aspirazione castrata dalla vittoria della concorrente Paita, sostenuta da renziani e da ministri del calibro di Roberta Pinotti, tra gli altri. Ma le accuse dell’europarlamentare su come si sono svolte le primarie in Liguria indicano quanto meno la necessità di regole più stringenti per evitare confusioni se non veri e propri inquinamenti, come quelli che Cofferati intende denunciare alla magistratura.

La seconda ferita è invece uno scricchiolio. L’idea renziana di un partitone riformatore che contenga anche le istanze più di sinistra, come quelle rappresentate dai Cofferati, inizia appunto a scricchiolare. Non sono le prime avvisaglie, quelle che arrivano dalla Liguria. Si ricorderanno, ad esempio, gli sbuffi e le critiche palesi giunti da esponenti come Stefano Fassina sul Jobs Act, sulla scia degli strepiti della Cgil camussiana. Il gesto di Cofferati coagulerà un fronte largo in vista della nascita di una Linke italiana con democrat scontenti del renzismo, vendoliani in pena e landinisti in perenne procinto di buttarsi in politica? L’ex segretario della Cgil assicura che non fonderà un altro partito. Si vedrà.

La terza ferita dell’addio di Cofferati al Pd si rintraccia dalle parti di quei giovani turchi che, pur non essendo renziani né nella forma né nella sostanza, hanno deciso di collaborare con il segretario e premier Renzi alla gestione del partito condividendo anche l’esperienza di governo. E’ il caso di Matteo Orfini, eletto presidente di Largo del Nazareno al quale Renzi ha affidato anche il tribolato partito romano squassato dall’inchiesta Mafia Capitale. E’ il caso anche di Andrea Orlando, ministro della Giustizia, che aveva prima auspicato uno slittamento delle primarie in Liguria e poi aveva deciso di appoggiare Cofferati in contrapposizione a Paita. Di sicuro le dimissioni di Cofferati dal Pd non rafforzano le posizioni dei giovani turchi, che pure nel partito hanno messo ben salde radici. Ma neppure Renzi può davvero gioire per il gesto di Cofferati.


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