Componente della Nato, ma vicina a Putin. Ostile al terrorismo, ma fiancheggiatrice di alcuni gruppi. Sempre più lontana dall’Europa, almeno nei proclami, eppure sempre più indispensabile come partner in molti teatri di crisi. È la Turchia di Erdoğan, player necessario non solo nella difesa della città simbolo di Kobane – villaggio curdo sotto assedio dell’Isis – ma anche per sbrogliare la matassa libica.
Le sorti del Paese nordafricano sono oggi legate ai colloqui che proprio in questi giorni si svolgono a Ginevra sotto l’egida delle Nazioni Unite. Un percorso ancora lungo, come testimonia l’autobomba esplosa nei pressi dell’ambasciata algerina a Tripoli: ufficialmente rivendicata dallo Stato Islamico, ma per molti osservatori il segno di turbolenze interne alle frange islamiste in Tripolitania.
I NEGOZIATI DELL’ONU
Ai round negoziali, che vedono il supporto del governo italiano e della sua diplomazia, ha da subito preso parte il governo di Tobruk, riconosciuto dall’Occidente. Una spaccatura sempre più ampia, invece, scrive il Libya Herald, sembra essere in atto in Alba della Libia (Fajr), coalizione di milizie islamiste che attualmente controlla Tripoli, la capitale. La situazione è complessa. I consigli municipali di Misurata e Tripoli, punti di riferimento di Alba, partecipano ai colloqui convocati dal rappresentante speciale Onu per il Paese, lo spagnolo Bernardino Leon. Janzour e Suq al Juma, invece, sostengono la posizione del Gnc, il vecchio parlamento reinsediatosi nella capitale, che ha annunciato di partecipare ai negoziati solo se questi si terranno in territorio libico.
I PASSI IN AVANTI
Posizioni apparentemente troppo distanti. “Nonostante ciò“, spiega a Formiche.net Karim Mezran, senior fellow al Rafik Hariri Center for the Middle East di Atlantic Council, “ci sono segnali incoraggianti che solo poche settimane fa non avremmo potuto prevedere“. “Si evidenziano fratture in alcune fazioni. Ora l’Onu, soprattutto grazie al lavoro diplomatico dell’Ue (oggi a Bruxelles ai è tenuto un nuovo Consiglio Affari esteri, ndr), può spingere il Gnc ad abbassare le richieste e a partecipare ai colloqui. Dopo verrà la fase più difficile: decidere il futuro del Paese“.
IL RUOLO DI TURCHIA E QATAR
Sulle spaccature all’interno del fronte islamista è decisivo il passo indietro di Turchia e Qatar, che hanno iniziato a tagliare le risorse destinate alle milizie, costringendole a trattare. “Su Ankara e Doha – rimarca l’esperto – sono state fatte forti pressioni negli scorsi mesi. Entrambe hanno convenuto fosse il caso di fare un passo indietro rispetto al loro sostegno ad alcune fazioni“.
Il presidente del vecchio parlamento, Nuri Abu Sahmain, ha avuto da poco un incontro con Erdogan, concluso, secondo indiscrezioni di stampa, con l’invito, da parte del presidente turco, a partecipare agli incontri ginevrini.
Sicuramente, sottolinea Mezran, “questo è positivo, e lo sarebbe stato ulteriormente se anche l’altra “cordata” composta da Emirati Arabi Uniti ed Egitto, che invece sostiene Tobruk, avesse ridotto il proprio supporto. In realtà ciò è parzialmente avvenuto, anche se in modo meno visibile. Lo dimostra il fatto che dopo il cessate il fuoco di Central Shield (una delle brigate che compone Alba, ndr), sia arrivato anche quello delle forze legate al generale Khalifa Haftar“.