Gli effetti del petrolio si fanno sentire nel dato di dicembre dei prezzi al consumo. L’inflazione zero in Italia e a -0,2% nell’area ne sono la diretta conseguenza. Al netto degli effetti di primo impatto del greggio, l’inflazione è ancora positiva, sebbene estremamente bassa. Tutto questo era scontato e continuerà a essere così nei prossimi mesi.
LE CONSEGUENZE SUI PREZZI
Il vero e concreto rischio per le economie è che le conseguenze della caduta dei prezzi energetici non si fermino al primo impatto, ma si ripercuotano successivamente sull’intera catena dei prezzi al consumo, radicando tendenze disinflazionistiche in economie già depresse e generandovi aspettative di ulteriore caduta dei prezzi.
EFFETTI A DOPPIO TAGLIO
In questo caso diventa tanto più probabile che le conseguenze positive della caduta del greggio per i redditi dei paesi importatori di petrolio (come l’Italia) siano contrastate, se non del tutto annullate, da quelle negative indotte dalla deflazione. Attese di deflazione in presenza di tassi di interesse ufficiali al minimo livello possibile, cioè zero, si traducono in aumento dei tassi di interesse reali, cioè al netto dell’inflazione, con un conseguente inasprimento della politica monetaria: l’ultima cosa augurabile in una situazione di stagnazione.
CHE COSA PUO’ FARE LA BCE
Per contenere questo rischio occorre quindi che la Bce si muova con misure massicce e prolungate di immissione di liquidità, indipendentemente dalla richiesta delle banche. E’ il quantitative easing di cui tanto si parla e che deve essere di dimensione adeguata. Questa è una condizione necessaria per ritrovare la via della ripresa. Dato però il ritardo con cui ci si arriva e la trappola depressiva in cui ci si trova impantanati, non è detto che sia una condizione sufficiente.