Rimbomba nei media il clamoroso colpo di Matteo Renzi, che a un’ora dal primo scrutinio per l’elezione del Presidente della Repubblica impone Sergio Mattarella come candidato unico del PD a tutte le minoranze e avanza così un micidiale scacco nei confronti di Silvio Berlusconi.
Non vi è dubbio alcuno sulla spregiudicatezza politica della mossa del premier, né che i rapporti diretti col Cavaliere, alleato nazareno sulla via delle riforme, abbiano subito una forzatura inimmaginabile fino al giorno precedente.
Dopo aver fatto approvare, appena due giorni fa, una legge elettorale a propria immagine e somiglianza nelle sabbie mobili del Senato grazie voti di Forza Italia, in un sol colpo Renzi abbandona gli azzurri e ricompatta l’intera area politica di centro sinistra.
Mossa che appare un vero e proprio capolavoro politico, ma che proprio nei suoi aspetti più clamorosamente positivi potrebbe nascondere delle debolezze eclatanti e potenzialmente fatali per il futuro dell’esecutivo e della stessa legislatura.
Umiliando e violando il patto del Nazareno, difatti, Renzi ha certamente ricompattato l’intera area politica di centrosinistra in nome di quell’antiberlusconismo che è, nei fatti, suo unico vero collante dal 1994 ad oggi.
Ma tale ricercata quanto fragile armonia, si conserverà nel prossimo periodo o è precaria unione antinazarena?
Molte sono le riforme annunciate delicatissime nel prossimo periodo.
Ma, soprattutto, un nuovo impeto nazareno, necessario nei fatti a mettere le mani sulle riforme costituzionali, potrebbe far riesplodere ancor più violentemente, ora, i dissidi a sinistra nel PD. Un’area che mai ha davvero sopportato il patto con parte del centrodestra e soprattutto col nemico di una vita, Silvio Berlusconi.
Ieri, in più, Matteo Renzi ha relegato Forza Italia e l’intero centro destra a un ruolo di marginalità politica e istituzionale.
Ma proprio tale marginalità ha rappresentato un primo, concreto motivo di riconciliazione tra le anime di un centro destra diviso dai tempi della scissione del fu PDL.
Indubbiamente, Matteo Renzi ha tratto molta della sua forza politica dalla divisione del centrodestra. Eppure lo ha reso, oggi, unito come mai dal suo insediamento.
Ora Renzi regge il governo con una maggioranza, le riforme con un’altra e grazie a un’improvvisa, inaspettata virata a sinistra, ne ha proposto ieri un’ultima, inedita, utile all’elezione del capo dello stato.
Quale maggioranza reggerà le prossime mosse?
Il terreno appare terribilmente instabile, qualsiasi sia la strada da percorrere: si parli di riforme economiche, costituzionali o un mero indirizzo politico del suo PD.
Insomma, quella che è descritta come la più grande vittoria di Matteo Renzi si potrebbe trasformare, giorno dopo giorno, in un Vietnam istituzionale tra alleati umiliati e rancorosi, un partito sopito ma sempre pronto a esplodere e un’area di centrosinistra compatta solo e soltanto se contro l’avversario di sempre.
Infine, se contro ogni pronostico Sabato risultassero protagonisti i franchi tiratori e la candidatura di Mattarella si bruciasse, in un déjà vu dello psicodramma tutto democratico di due anni fa con l’affossamento di Romano Prodi?
Matteo Renzi dovrebbe, molto faticosamente, costruire un’ulteriore maggioranza.
La quarta?
O, clamorosamente, l’ultima, per una legislatura incredibilmente schizofrenica?