Il primo contatto con Sergio Mattarella non è stato tenero. Era un pomeriggio dell’aprile 1999, in piena guerra del Kosovo. Io ero capo di stato maggiore della Difesa e, agli effetti di una nuova legge, anche comandante delle nostre Forze Armate, lui era vicepresidente del Consiglio, mentre presidente era Massimo D’Alema. Il governo, come accade spesso, era traballante e la decisione di partecipare alle operazioni reali era stata, come al solito, sofferta, contrastata e mal digerita anche in seno alla maggioranza. Bastava un nonnulla per provocare uno sconquasso.
L’ordine politico era di non parlare di operazioni di attacco, ma solo di difesa. Tanto che il ministro in carica, Carlo Scognamiglio, per cavarsela durante un’intervista aveva curiosamente definito l’attività dei nostri Tornado come “difesa integrata”. Suona il telefono, alzo la cornetta e mi passano l’interlocutore, che, senza preamboli, attacca così : “…sono Mattarella. Ho saputo che un suo dipendente, il comandante del gruppo Tornado di Piacenza, al rientro della squadriglia dalla missione ha rilasciato un’intervista dove ha raccontato di aver lanciato dei missili contro postazioni radar serbe… E’ inammissibile. La ritengo personalmente responsabile…”.
In effetti era successo che il comandante dell’analogo gruppo della Luftwaffe ospitato sulla base, che non aveva alcuna restrizione nei confronti dei media, avesse ammesso il lancio di missili antiradar. D’altro canto, l’intervista era congiunta, ed il comandante italiano non aveva altra scelta che associarsi. I contadini, interrogati dai giornalisti ai margini della rete aeroportuale, avevano già raccontato di aver visto i Tornado italiani e tedeschi partire con i missili e ritornare senza… Il governo quella volta non cadde e la cosa finì li.
Nel dicembre successivo, quando Mattarella avvicendò a palazzo Caprara Carlo Scognamiglio, devo ammettere che non ne fui felice. Non lo conoscevo di persona, pensavo, ma se il suo approccio alle difficoltà è rimasto quello di aprile, la nostra convivenza non sarebbe stata semplice. Mi sbagliavo del tutto: sin dal primo incontro, mi sono trovato di fronte ad una persona posata, con un tratto di stile ineccepibile ed un modo di proporsi calmo e sereno. Non parlava molto, ma quando lo faceva era incisivo, corretto e concreto, pur accettando il dialogo con buona predisposizione. Un vero signore, più giovane di me, ma che incuteva rispetto pur mettendo l’interlocutore a proprio agio.
E’ possibile che, avvicinandosi a un ambiente così particolare e un po’ chiuso come quello militare e del quale, forse, non conosceva moltissimo, lo abbia fatto con una certa circospezione. Ma gli eventi incombevano e il ghiaccio si è rotto subito, quando ha capito che si trovava di fronte a gente leale, senza sotterfugi, con idee e abitudini proprie, ma consapevole della supremazia della politica. Un ambiente né migliore né peggiore di quello al quale era abituato, ma certamente molto diverso. In un’occasione mi fece capire che, nella sua esperienza di vita politica, era la prima volta che i propri subordinati, dopo aver espresso la propria opinione, facevano davvero ciò che chiedeva.
Ci incontravamo abbastanza spesso. A volte, partecipava volentieri, quale gradito ospite, alle riunioni del Comitato dei Capi di stato maggiore, dove si discutevano gli argomenti che poi toccava a me ed al capo di Gabinetto, l’ammiraglio Di Paola, presentargli per avviare l’iter decisionale. La nostra collaborazione è durata solo una quindicina di mesi, ma la sua ben acquisita conoscenza dei problemi ed il suo “peso” in sede parlamentare hanno fatto sì che in un periodo così breve si portassero a compimento quei progetti che hanno trasformato il modo di essere, di operare e di proporsi delle nostre Forze Armate. Tra i tanti, ricordo qui solamente la sospensione del sevizio di leva, il conseguente ridimensionamento delle tre Armi, la legge sull’Arma dei Carabinieri, elevata al rango di Forza Armata, l’approvazione della legge sulla possibilità per le donne di partecipare a livello paritario alla compagine militare e l’ingresso a pieno titolo della Difesa italiana nelle attività spaziali internazionali con la missione Marco Polo del maggiore pilota Roberto Vittori.
E’ stato un periodo propositivo e ricco di realizzazioni, che ricordo molto gradevolmente. Al di là di ogni considerazione di ordine politico, sono rimasto davvero compiaciuto nell’apprendere la notizia della candidatura alla massima carica dello Stato. Ma, attenzione: Sergio Mattarella è persona volitiva, attenta e rigorosa. Sarà un Presidente rispettoso, ma, se qualcuno ritenesse che la sua silenziosa signorilità sia in qualche modo elemento di debolezza, sappia che si sbaglia di grosso.