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Vi spiego qual è la vera sfida di Obama. Parla l’ambasciatore Castellaneta (Sace)

La rinascita di un’America più equa e prospera è il vero obiettivo su cui Barack Obama costruirà, negli anni di mandato che ancora gli restano, l’eredità che lascerà al Paese.

A pensarlo è Giovanni Castellaneta, già ambasciatore d’Italia negli Usa, oggi presidente di Sace, che in una conversazione con Formiche.net analizza il penultimo discorso sullo Stato dell’Unione pronunciato dal capo di Stato.

Presidente, che discorso è stato quello di Barack Obama, il penultimo della sua esperienza alla Casa Bianca?

Con questo discorso, Obama ha senz’altro riabbracciato il suo spirito più liberal. Ha dato alle sue parole un taglio politico, di visione, ricordando un po’ il suo avvento sulla scena pubblica. Così facendo ha dato una linea che verrà seguita non solo nella campagna per le presidenziali del 2016, ma anche nella selezione del candidato tra i democratici, che potrebbe veder trionfare Hillary Clinton.

Qual è stato il punto politico più importante?

Molte cose erano state anticipate, in consuetudine con una tecnica consolidata, usata per sondare in anticipo la reazione dell’opinione pubblica ad alcune proposte. Penso in particolare all’aumento della tassazione sui redditi più alti. È riuscito a intercettare il sentiment della maggioranza dei cittadini americani. La crescita della disparità sociale negli Usa si sente sempre di più. E l’ineguaglianza ha molteplici ripercussioni non solo su aspetti di vita quotidiana, compresa sicurezza, ma anche sulla crescita, perché deprime i consumi dei ceti medi. Questo punto Obama lo ha colto e non è un caso che la sua popolarità, ai minimi, si sia risollevata così in fretta.

Cosa dovremo aspettarci da Obama nei prossimi mesi?

Il presidente americano, complici le buone notizie in campo economico, sembra aver superato del tutto il tonfo alle elezioni di midterm. Sta riprendendo la sua azione politica in modo molto dinamico e assertivo. Per lui questi due anni saranno decisivi per formare la sua legacy, l’eredità che lascerà al Paese. Per questo si concentrerà molto sulla politica interna e sugli aspetti economici e sociali, puntano a colmare i gap esistenti, anche nel campo culturale e dell’istruzione.

Come giudica, invece, la scelta di chiedere al Congresso la possibilità di intervenire in modo più incisivo contro l’Isis?

In politica estera, Obama sembra aver assunto posizioni più forti rispetto a certi atteggiamenti prudenti, che gli sono costati anche molte critiche. Certo, bisogna tener conto che ora è più facile, perché al massimo potrà scaricare le sue difficoltà su un Congresso di un colore diverso da quello democratico. Ma credo che i repubblicani non staranno a guardare e che si troveranno margini di collaborazione nell’interesse generale del Paese. Questo vale per lo Stato islamico, ma anche per altri dossier come Cuba e Iran.

Dal punto di vista delle attività di Sace, come valuta la svolta di Obama?

Tutto questo va nel senso di una maggiore presenza degli Usa in alcuni teatri di crisi e del rafforzamento del loro ruolo come fornitore di sicurezza. Una politica più assertiva può servire a ridurre certe tensioni, con Teheran come in Siria. Ciò garantisce anche lo svolgimento delle attività delle nostre aziende e a noi fa piacere. Anche i buoni tassi di crescita americani ci aiutano, perché così le nostre imprese trovano maggiori spazi per il loro export. In Europa permane però il problema dei rapporti con la Russia. Gli scambi con Mosca si riducono. Questo pesa sulla nostra economia e rimane per noi un motivo di prudenza e preoccupazione.

Alcuni osservatori americani, come Philip Bump sul Washington Post, si sono chiesti se avesse ancora senso nel 2015 tenere un discorso sullo Stato dell’Unione, concepito per altre ragioni, in un’altra epoca. Cosa ne pensa?

Io dico che è stato bello vedere un discorso di un capo di Stato applaudito a più riprese anche dall’opposizione. È un’ulteriore conferma di come sia valida quella forma di democrazia, che lascia alla maggioranza la possibilità di decidere e all’opposizione quella di esprimere il suo giudizio, nel rispetto reciproco delle parti. È una lezione per tutti noi.



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