Che succede nel mercato dei buoni pasto? Gli schieramenti vedono contrapposti piccoli esercenti, super e ipermercati da una parte, e società emettitrici dall’altra. Per i primi, commissioni alte, ritardo nei pagamenti, gravosità nella gestione dei buoni pasto cartacei e gare distorte caratterizzano il settore.
Ma il ricorso dei piccoli esercenti di Fipe-Confcommercio al Tar del Lazio per denunciare i vizi dell’ultima gara Consip per i ticket della pubblica amministrazione, non ha avuto gli effetti desiderati. La “rivolta dei supermercati” per i giudici nasconde in realtà interessi contrapposti.
Intanto le aziende dei buoni pasto sotto accusa si adoperano per facilitare il servizio giocando la carta della smaterializzazione dei ticket e investendo nella digitalizzazione.
IL MERCATO DEI BUONI PASTO IN ITALIA
Il settore dei buoni pasto in Italia, che vede una decina di operatori attivi, è dominato da multinazionali straniere, di provenienza francese (3 ai primi 4 posti). Da sole, le tre aziende francesi superano il 70% del mercato italiano. In questo contesto, con una quota del 20% della restante fetta, QUI! Group è la prima azienda a capitale interamente italiano del settore.
La dimensione complessiva del mercato nazionale è di circa 2,7 miliardi di euro l’anno, pari a circa 500 milioni di buoni e circa 2,5 milioni di utilizzatori (cifre annue). Circa il 65% del mercato è rappresentato da dipendenti di aziende pubbliche, il restante 35%, da dipendenti privati.
ASSOCIAZIONI DI CATEGORIA
Le aziende italiane, che occupano in totale il 25/30% del mercato, fanno riferimento dal punto di vista associativo a Cobes, Comitato buoni pasto, voucher sociali e servizi di Confindustria-Federviarie. Vi aderiscono le società Ep, Repas Lunch Coupon, QUI! Group, Più Buono e Wish days.
Le società Buonchef, Edenred, Sodexo, Ristomat, Day, di provenienza francese, e Bluticket, aderiscono invece a Anseb (Associazione Nazionale Società Emettitrici Buoni pasto), l’associazione di Confcommercio a cui fanno riferimento anche i pubblici esercizi, ristoranti e bar.
LA PROVOCAZIONE DI FEDERDISTRIBUZIONE
Federdistribuzione, rappresentante delle imprese distributive alimentari e non, parla di un mercato pieno di distorsioni, tanto da lanciare una provocazione: “Meglio rinunciare ai ticket e rimettere i soldi nelle buste paga”, ha commentato Giovanni Cobolli Gigli, presidente dei Federdistribuzione. Ma le imprese aderenti a Federdistribuzione, che da sola assorbe circa un terzo dei buoni pasto in Italia, non hanno alcun obbligo a ritirare i buoni pasto, fanno notare esperti del settore. È innegabile, inoltre, che i vantaggi vanno spesso ben oltre il ticket ritirato. In media ogni possessore di buono pasto spende cifre extra sulle quali l’esercente non paga alcuna commissione.
LA GARA CONSIP
Uno dei problemi maggiori rilevati dalla grande distribuzione sarebbero le gare al massimo ribasso, utilizzate sia dalla Consip che dai privati. La gara Consip per la fornitura annuale dei servizi sostitutivi di mensa ai pubblici dipendenti, valuta una serie di requisiti e punteggi sia di ordine economico che tecnico. Nell’ambito della valutazione c’è anche la commissione che l’offerente si impegna ad applicare all’esercente.
Rispetto alle rimanenti aree mercato, Consip ottiene delle commissioni particolarmente favorevoli per gli esercenti. Mentre una commissione media applicata da tutti agli operatori viaggia tra il 10 e il 12%, le commissioni che ottiene Consip si attestano tra il 4 e il 5%, spiegano esperti del settore.
SU COSA SI DISCUTE
Consip dà la possibilità a chi vince la gara di offrire dei servizi aggiuntivi a titolo volontario agli esercenti convenzionati, sempre con quelle commissioni (4/5%). L’esercente a questo punto è libero di accettare questi servizi e il suo rifiuto non lo esclude dalla rete Consip.
Alcune aziende italiane hanno già intrapreso una serie di investimenti per offrire tali servizi agli esercenti, tra i quali c’è anche la possibilità di ottenere pagamenti veloci, elemento che assume assoluta valenza per gli esercenti.
Questa politica, però, potrebbe essere osteggiata da alcune aziende che per ragioni politiche e commerciali adottano strategie diverse: l’offerta di servizi aggiuntivi comporta investimenti, così come la tempestività dei pagamenti ha inevitabilmente dei risvolti anche sotto il profilo finanziario.
Avere due linee di ricavo, però, quella della commissione base e quella dei servizi facoltativi, rende inevitabilmente le aziende del settore che offrono tali servizi aggiuntivi più competitive in gara.
IL RICORSO DI FIPE
La Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi) ha impugnato così di fronte al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio la gara “Buoni Pasto 7” da 1 miliardo di euro indetta da Consip e tutt’ora in corso. Nel ricorso la Federazione ha sostenuto che i criteri di aggiudicazione previsti avrebbero recato danno ai ristoratori, comportando, a carico di essi, esborsi verso le società emettitrici di importo complessivamente superiore a quelli di mercato.
Il Tar del Lazio però ha respinto il ricorso. I giudici hanno rilevato come nell’ambito della Fipe alberghino contemporaneamente esercizi pubblici e, attraverso Anseb, alcune società emettitrici di buoni pasto. “La federazione ricorrente pertanto – si legge nel dispositivo – nel caso di specie, non risulta portatrice di un interesse indifferenziato, omogeneo, seriale, comune a tutti gli appartenenti alla categoria, agendo a tutela degli interessi solo di alcuni iscritti al medesimo organismo, quali sono gli esercizi pubblici”.
“Tra le motivazioni addotte dai giudici amministrativi – si legge sul Corriere della Sera – , un’affermazione che sa di accusa sul meccanismo di rappresentanza di tutta la filiera. Perché la federazione di Confcommercio rappresenta sia i ristoratori, sia Anseb, l’associazione delle società emettitrici di buoni pasto, cioè le naturali controparti. Così potrebbe apparire che le motivazioni addotte da Fipe siano pretestuose per tutelare gli emettitori che ora non gestiscono l’appalto”.
COME SUPERARE L’INSTABILITA’ DEL MERCATO
Limiti e distorsioni denunciate da Fipe e Federdistribuzione potrebbero forse trovare risposta nella digitalizzazione del mercato, verso la quale si stanno muovendo le aziende del settore, e in alcune misure per sgravare il lavoro degli esercenti.
Introducendo, ad esempio, nuovi criteri tecnologi, come l’introduzione del buono pasto elettronico, che consentano di superare tutte le difficoltà e le problematiche che, al di là delle accuse spesso mirate, riguardano tutte le aziende e derivano dalla gravosità del servizio fornito ancora oggi nell’85% dei casi attraverso pezzi di carta. Solo il 15% del mercato, infatti, è oggi elettronico e beneficia quindi di tracciabilità, maggiore sicurezza e riduzione di costi complessivi per la filiera.
NOVITA’ CARTACEE
Ma alcune novità riguardano anche il settore del buono cartaceo, ancora dominante nel mercato.
Si tratta ad esempio di modelli avanzati di ticket brevettati da Qui! Group, il cui codice è ricoperto da uno strato di materiale asportabile, che permettono all’esercente, una volta ricevuto il buono, di validarlo in tempo reale, inquadrando il codice con il lettore ottico o tramite un’applicazione da smartphone, e al contempo di fatturarlo on line, con un notevole risparmio di tempo per i negozianti e senza il pericolo dei buoni falsi e non verificati. Per chi è impossibilitato a seguire questa procedura il processo di smaterializzazione dei buoni cartacei può avvenire in modalità self service presso un totem.
COSA HA DECISO IL GOVERNO
Il passaggio al buono pasto elettronico, sembra essere favorito anche da alcune misure recentemente predisposte dal legislatore. La commissione Bilancio della Camera ha elevato la soglia esentasse dei buoni pasto da 5,29 euro a 7 euro. Ma l’aumento sarà corrisposto solo per i buoni pasto forniti tramite una carta elettronica. La copertura della misura, che entrerà in vigore dal 1 luglio, arriverà dalle risorse del ministero dell’Economia per circa 9 milioni nel 2015 che saliranno a circa 24 milioni nel 2016 e a quasi 25 per il 2017. Lato lavoratore, l’aumento di 1,71 euro al giorno equivarrà a circa 400 euro all’anno in più di reddito netto disponibile per la spesa alimentare.
VERSO UN POS UNICO
Se il buono pasto cartaceo non viene giudicato positivamente dagli esercenti per la gravosità della gestione e dei rischi a cui è esposto, spazzarlo via per fare spazio a quelli elettronici comporta per loro al momento una fatica altrettanto ingente. Per gestire tutte le carte emesse dagli operatori del settore, infatti, ogni esercente è costretto ad esibire sul suo banco un lettore per ogni società emettitrice.
“È evidente che le aziende, così come è stato fatto dalle banche, devono riconoscere uno standard, che consenta a qualsiasi carta elettronica di essere letta”, spiega a Formiche.net un esperto del settore.
E alcuni segnali positivi sembrano già giungere in questo senso. In seguito a questa richiesta, che viene direttamente dagli esercenti, alcune aziende si stanno muovendo verso la definizione di uno standard comune.