Dopo aver premuto sull’acceleratore per approvare tra le difficoltà il decreto anti jihadismo, ora, per Servizi e Governo, è il momento di frenare. Se da un lato la crisi in Libia e le minacce rivolte all’Italia dallo Stato Islamico non mancano e, preoccupano, per la nostra intelligence e per Palazzo Chigi la situazione pare essere sotto controllo.
L’OPINIONE DEGLI 007
Questa mattina, in un convegno sulla minaccia terrorista della Fondazione Icsa al Centro Alti Studi per la Difesa, Il direttore del Dis, Giampiero Massolo (nella foto) ha rimarcato l’utilità delle nuove misure varate dal governo.
“Il decreto – ha spiegato l’ambasciatore – è quanto mai benvenuto perché amplia, nella legittimità e nella legalità, il campo di azione delle forze dell’ordine e dell’intelligence“. Più sicurezza dunque, secondo l’ambasciatore, che commentando le azioni necessarie a contrastare la crisi libica, in linea con l’informativa urgente di oggi alla Camera del ministro Paolo Gentiloni e con le ultime parole di Renzi, ha auspicato una risposta diplomatica.
“Il negoziato è il metodo da seguire in Libia. Certo, bisogna mettere intorno a un tavolo chi ha influenza sui fatti sul terreno e la guida di questo negoziato deve essere molto forte“.
Una guida che, ha sottolineato a Formiche.net lo storico e analista di geopolitica e intelligence Edward Luttwak, dovrebbe essere affidata alla Penisola, l’unica in grado – per motivi storici e di presenza sul territorio – di offrire un valore aggiunto nello sbroglio della matassa libica. “L’ideale è che gli italiani curino l’intelligence, il comando e il controllo di una operazione nel Paese nordafricano” ha detto. Segno che la fiducia nel Paese e nella sua capacità di controllare ciò che accade a Tripoli resta elevata in ambito internazionale.
Il direttore generale del Dis, ha infatti richiamato l’attenzione su alcuni rischi dettati dal caos libico, ma sul quale i nostri 007 vigilano da tempo, come quello di un collegamento tra Stato Islamico in Libia e immigrazione. “Non abbiamo evidenza di un nesso diretto tra sbarchi e terrorismo internazionale. Sicuramente – ha aggiunto Massolo – può succedere che su questi barconi ci sia qualcuno più radicalizzabile di altri“.
IL SISTEMA-PAESE
Nella lotta agli estremismi, ha ricordato l’autorità delegata alla Sicurezza della Repubblica, il sottosegretario Marco Minniti, l’Italia non è all’anno zero. “Quando l’Italia ha affrontato la sfida del terrorismo interno ne siamo venuti fuori con le armi della democrazia. È chiaro – ha proseguito Minniti al convegno – che lo scenario è mutato ma sarebbe importante che la Penisola cominciasse a reagire così“. Quel che serve, per Minniti, è “una forte coesione del sistema-paese“, pur tenendo presenti i rischi e le peculiarità delle nuove minacce. “L’Is (lo Stato islamico, ndr) ha in sé una forte componente di irriducibilità che tiene insieme una capacità di minaccia simettrica e asimmetrica, cosa che non era mai successo“.
La minaccia viene da un “terrorismo molecolare” che “non ha una direzione strategica e questo rende ancora più complicato il contrasto perché siamo di fronte al massimo di imprevedibilità“.
“In questa partita si vince o si perde: non c’è pareggio. L’Is pensa che le democrazie sono un punto di debolezza e che le opinioni pubbliche di questi paesi non reggeranno. Io penso, invece – ha continuato Minniti – che le opinioni pubbliche sono un punto di forza. È una partita difficile, decisiva, che ci accompagnerà a lungo e abbiamo la forza e il dovere di vincere“.
COSA PREOCCUPA
All’ottimismo e alla cautela degli ambienti istituzionali, fanno da contraltare elementi di cronaca e le analisi di alcuni addetti ai lavori. Sul Giornale il reporter Gian Micalessin ha scritto: lo Stato Islamico potrebbe colpire la Penisola anche attraverso i gommoni carichi di migranti. “In questo scenario – ha spiegato – rientrano le possibilità più disparate. Quella più semplice richiede soltanto una manciata di granate a frammentazione e qualche terrorista, mescolato ai clandestini, pronto a lanciarle contro le imbarcazioni della Guardia Costiera o della missione europea Triton. Un kamikaze con un finto salvagente imbottito d’esplosivo potrebbe però far danni anche peggiori. Come pure un assalto a colpi di razzi anticarro alle motovedette impegnate nei soccorsi da parte di un commando imbarcato su un gommone simile a quello entrato in azione domenica. Lo scenario più agghiacciante in termini di possibili perdite umane – ha aggiunto – è però quello di un barchino esplosivo condotto da un equipaggio suicida lanciato a tutta velocità contro un’imbarcazione della nostra Marina. Un metodo già sperimentato da Al Qaida il 12 ottobre 2000 quando un barchino esplosivo portato da un terrorista kamikaze fin sotto la plancia del lanciamissili americano «Uss Cole» ormeggiato nel porto di Aden causò la morte di 17 marinai“.
Il pericolo, spiegano gli esperti sentiti da Micalessin, è accresciuto rispetto agli scorsi mesi: la Libia è sempre più instabile, gli sbarchi avvengono a migliaia e le prime conquiste sulla costa – Derna in primo luogo – di gruppi riconducibili al Califfato rendono più semplice mettere in pratica il macabro piano. Ad accendere ulteriormente gli animi, spingendo l’Isis a minacciare direttamente l’Italia (prima l’aveva fatto col Vaticano), sono state le frasi di Renzi, Gentiloni e Pinotti, che nei giorni scorsi richiamavano, salvo poi smentirla, la necessità di un intervento di terra contro il Califfato.
L’allerta rimane comunque massima, come testimoniano le misure di sicurezza prese nelle ore passate. Perché il pericolo, aveva già spiegato Formiche.net, oltre che dal mare potrebbe giungere dal cielo. Le ultime informative giunte ai Servizi lo confermano: ci sono rischi di vari attentati potenziali, anche con aerei civili pieni di tritolo. E altro ancora.