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Che cosa si pensa al Sud della crisi ucraina

E’ bene che tutti sappiano – Unione Europea, Usa, Governo italiano – che l’aggravarsi della crisi in Ucraina è seguito con viva apprensione anche in una grande regione di frontiera come la Puglia. E cosa c’entra la Puglia che è molto lontana dai confini dell’Ucraina, si chiederà qualche lettore?

C’entra, e tanto anche, e per diverse ragioni che andremo brevemente ad illustrare, non prima di aver precisato però che quando ricordiamo il ruolo di regione di frontiera della Puglia, non la consideriamo come un baluardo contrapposto ad altri mondi, ma al contrario un vero ponte di pace e di dialogo permanente e reciprocamente conveniente con altri popoli e culture dei Balcani, dell’Asia minore e del Nord Africa.

Allora e in primo luogo la Puglia c’entra per ragioni religiose, dal momento che a Bari nella Basilica che gli è dedicata, riposano da quasi un millennio le spoglie di San Nicola – veneratissimo non solo dai Baresi ma anche dai popoli di lingua e cultura slava e di religione ortodossa – che ogni anno a dicembre e nella tarda primavera è meta di pellegrinaggi di migliaia di fedeli russi di ogni condizione sociale che possono trovare un altro punto di manifestazione della loro religiosità anche in una grande Chiesa russa con monaci ortodossi, presente in un altro quartiere della città. E lo stesso Presidente Putin negli scorsi anni venne in visita a Bari nella Basilica nicolaiana e donò alla città una statua bronzea del Santo che campeggia tuttora nella piazza antistante la Chiesa a lui dedicata.

Questo flusso di turisti negli ultimi anni è divenuto sempre più intenso ed ha visto giungere nel capoluogo pugliese molti ricchi oligarchi in visita anch’essi alle spoglie del Santo, soggiornando in alberghi cittadini che hanno così trovato convenienza a ristrutturare, rinnovare e potenziare la loro capacità ricettiva. Ed anche l’indotto della ristorazione e del commercio di beni di lusso ha tratto giovamento da questo afflusso che si è stabilizzato su livelli molto alti negli due anni.

Ma c’è di più. Ricchi flussi di export si indirizzano dalla Puglia verso la Russia grazie anche all’attività promozionale della Aicai-Azienda speciale per i servizi alle imprese della Camera di Commercio di Bari che da anni ha un suo terminale proprio a Mosca, tramite il quale si sono intensificati gli scambi di merci che vedono la Puglia esportare ortofrutta di qualità e abbigliamento, spedito da aziende localizzate nel Sud Est barese, capaci di conquistare fasce selezionate di consumatori moscoviti con capi anche molto costosi.

Le preoccupazioni di questi imprenditori pertanto sono crescenti ed ognuno di essi si è già attivato attraverso le rappresentanze di categoria e i Parlamentari eletti in Puglia per far giungere al Governo – al pari dei loro colleghi di altre parti d’Italia – i propri timori e con essi l’auspicio che prevalgano equilibrio e lungimiranza nei rapporti con il Governo russo.

Investimenti russi inoltre sono presenti in aziende localizzate in Puglia, come ad esempio quello della GlassWall nella Manfredonia vetro del gruppo Sangalli insediata nella città sipontina: un’azienda che proprio nelle scorse settimane la proprietà italiana ha avviato ad un concordato preventivo in bianco e che potrebbe essere salvata con i suoi 170 posti di lavoro proprio dal capitale della multinazionale russa prima ricordata.

Capitali russi hanno guardato con interesse ad altre ipotesi di investimenti nella Puglia, non solo nel settore manifatturiero ma anche in quello turistico: ma al momento, tutto si è fermato perché l’incertezza nelle relazioni fra Ue e Russia, a proposito della crisi in Ucraina, induce tutti a posticipare ogni ipotesi di business.

E’ unanime infine la valutazione che danno gli operatori pugliesi sulle vicende che stanno allarmando le Cancellerie europee: l’Ucraina deve restare fuori dalla Nato, perché la Russia considera giustamente una provocazione portare i missili dell’Alleanza atlantica a poche centinaia di chilometri da Mosca.

E molti ricordano ancora che nell’autunno del 1962 il Presidente Kennedy minacciò di bombardare Cuba se i Sovietici, a loro volta, non avessero ritirato i loro missili portati nell’isola caraibica, considerandoli giustamente una grave minaccia alla sicurezza americana; e il Cremlino saggiamente decise di riportarli in patria. E allora perché non dovrebbe essere considerato altrettanto legittimo il timore russo di avere Mosca e altre città della Russia a portata di missili con testate nucleari schierati in Ucraina ? L’atteggiamento dei Russi allora – la cui economia peraltro vede ormai una massiccia presenza di capitali occidentali e nipponici e che diffidano dell’oltranzismo di frange di estrema destra delle classi dirigenti dell’Ucraina – è pienamente giustificato. E nessuno si illuda in questo Paese che gli europei vogliano morire per portare Kiev nell’Alleanza atlantica.

Con la Russia bisogna mantenere o ripristinare rapporti di intensa collaborazione economica, culturale e religiosa, rispettosi delle reciproche convenienze e delle grandi storie di ognuno. Ed è proprio questa consapevolezza che deve guidare il Governo italiano e quelli più equilibrati dell’Unione Europea.

Federico Pirro – Università di Bari – Centro Studi Confindustria Puglia

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