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Chi è don Cereti, il prete che tifa per i sacerdoti sposati

Quella di Giovanni Cereti è una vecchia battaglia: a suo giudizio, i preti dovrebbero avere tutto il diritto di mettere su famiglia. Naturale che sia stato proprio lui, quindi, lo scorso 10 febbraio, a chiedere al Papa – incontrato durante la consueta messa mattutina a Santa Marta – di fare qualcosa per i sacerdoti di rito latino impossibilitati a sposarsi.

LA RISPOSTA INTERLOCUTORIA DEL PAPA

La risposta, rivelata dallo stesso Pontefice durante l’incontro con il clero romano ricevuto giovedì scorso nell’Aula Paolo VI in Vaticano, è stata interlocutoria: “Il tema è presente nella mia agenda, si tratta di un problema di non semplice soluzione che la Chiesa a cuore”. Subito alcuni media hanno dato risalto alla notizia, presentandola come un’apertura del Papa ai preti sposati, magari sulla falsa riga di quanto accade nella chiesa di rito orientale. In realtà, l’allora cardinale Bergoglio aveva già dato una risposta simile nel libro “Il cielo e la terra” (Mondadori), dove s’era detto favorevole al mantenimento del celibato “con tutti i pro e i contro che comporta, perché sono dieci secoli di esperienze positive più che di errori. La tradizione ha un peso e una validità”. A ogni modo, aggiungeva l’allora arcivescovo di Buenos Aires, “è una questione di disciplina, non di fede”.

“CONTINUERO’ A BATTERMI PER L’ORDINAZIONE DEI LAICI SPOSATI”

“Qui non è un problema di uniformarsi ai cristiani ortodossi e alle chiese orientali, dove i preti sposati possono celebrare la messa e consacrare l’eucaristia”, dice don Cereti al Corriere della Sera. Il punto è un altro: “Anche il valore del celibato, oggi, con in giro tanti celibi per egoismo, andrebbe forse rivisto in favore del matrimonio come testimonianza di fede”. “Io”, ha aggiunto il rettore della confraternita di San Giovanni Battista de’ Genovesi, “sono fiducioso, perché sento che il Papa vuole realizzare quella riforma della chiesa decisa dal Concilio Vaticano II e applicata finora solo parzialmente. Perciò continuerò a battermi anche per l’ordinazione al presbiterato (non solo al diaconato) dei laici sposati e per l’assoluzione dei divorziati risposati”. Possibile, s’è chiesto, “che il Papa vada in Parlamento a chiedere l’amnistia e l’indulto per i detenuti, eppure ancora oggi la Chiesa non sia capace di dare un indulto, di dare l’indulgenza ai suoi preti sposati, concedendo loro di riprendere il ministero?”. Lui, al Papa, ha spiegato che “tanti tornerebbero, a migliaia”.

L’APPOGGIO DEL CARDINALE KASPER

Il nome di Cereti era risuonato anche nell’Aula nuova del Sinodo, un anno fa, durante il concistoro sulla famiglia che fece da ouverture al successivo Sinodo. Fu il cardinale Walter Kasper a citarlo: “Non può esserci alcun dubbio sul fatto che nella Chiesa dei primordi, in molte chiese locali, per diritto consuetudinario c’era, dopo un tempo di pentimento, la pratica della tolleranza pastorale, della clemenza e dell’indulgenza”. E a sostegno della tesi portava proprio “Divorzi, nuove nozze e penitenza nella Chiesa primitiva”, testo di Cereti apparso per la prima volta nel 1977 e ripubblicato nel 2013.

“TESI INSOSTENIBILI” PER IL CARDINALE BRANDMUELLER

Ma fu un altro cardinale, pure lui tedesco, a smontare con un articolo su Avvenire la sostenibilità delle argomentazioni del sacerdote italiano. Così, infatti, scriveva Walter Brandmüller: “La tesi di fondo di Cereti è insostenibile. Sebbene alcuni Padri abbiano manifestato una certa tolleranza in riferimento a singole situazioni difficili, né nell’Occidente, né nell’Oriente si può però parlare di un regolare riconoscimento delle seconde nozze dopo il divorzio e di una ammissione all’Eucaristia dei divorziati risposati. Nonostante gli Ortodossi riconoscano oggi un secondo e un terzo matrimonio di penitenza, si deve tener presente che nella Chiesa primitiva la possibilità di accedere a nuove nozze si verificava unicamente per i vedovi e non nel caso del matrimonio dopo un divorzio”.

“IL CELIBATO E’ PRESCRITTO DAI VANGELI”

E fu sempre il cardinale Brandmüller, storico di rango e già presidente del Pontificio comitato di Scienze storiche, a schierarsi (con un lungo articolo pubblicato sul Foglio) in difesa della validità delle norme che prescrivono il celibato sacerdotale: “deve essere sottolineato innanzitutto che il celibato non risale per niente a una legge inventata novecento anni dopo la morte di Cristo. Sono piuttosto i Vangeli secondo Matteo, Marco e Luca che riportano le parole di Gesù al riguardo”. Concludendo, il porporato notava che “bisogna prendere atto che il celibato, così come la verginità in nome del Regno dei Cieli, resteranno, per chi ha una concezione secolarizzata della vita, sempre qualcosa di irritante”.



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