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Elezioni in Toscana, missione impossibile per Salvini con Borghi Aquilini?

Battere Matteo Renzi in casa sua, così da costringerlo alle dimissioni dal governo romano. E’ questo l’ambizioso (roba da mission impossible) progetto che l’altro Matteo, il Salvini leader della Lega Nord, si è messo in testa da tempo.

Dopo essere riuscito a trasformare in una competizione nazionale anche le elezioni più scontate d’Italia come quelle in Emilia-Romagna, dove il Carroccio ha sfiorato il 20% raddoppiando Forza Italia, il leader padano punta ad accendere i riflettori sulle regionali in Toscana. Sbaragliare la Regione governata dal presidente del Pd e ricandidato, Enrico Rossi, non proprio un renziano doc, per erodere consensi al premier proprio nei suoi territori, aprendo una breccia dentro al ‘giglio magico’ così da mettere in pericolo gli equilibri di Palazzo Chigi. Questo è ciò a cui punta Salvini.

BORGHI AQUILINI E’ L’UOMO GIUSTO (PER SALVINI)

E’ un milanese doc, e dato il suo accento marcato difficilmente lo può mascherare. Appassionato di arte, già docente a contratto all’Università Cattolica di Milano, ex editorialista de il Giornale, una carriera iniziata come fattorino – come lui fieramente rivendica – e oggi responsabile economico della Lega Nord. Ma soprattutto, Claudio Borghi Aquilini, attivissimo su Twitter, è l’economista di riferimento di Salvini, l’alfiere della battaglia per l’uscita dall’euro, il più stretto collaboratore del leader che alle europee del maggio 2014 l’ha portato con sé in tutti i comizi per spiegare come e perché conviene abbandonare la moneta unica. Peccato però che per Borghi tutto questo non sia bastato per strappare un seggio a Bruxelles, con poco più di 13mila preferenze è rimasto escluso dal Parlamento Ue. Mica s’è dato per vinto, però, il prof. Non ha mollato di un centimetro, sempre fedele a Salvini, fino a quando ieri sera il direttivo della Lega Nord Toscana lo ha indicato, all’unanimità, candidato presidente di Regione. Appena ufficializzata la decisione, Borghi ha iniziato a cinguettare a più non posso, rilanciando la bandiera toscana del 1848 e annunciando un Comitato di liberazione nazionale contro Renzi che nelle sue intenzioni dovrebbe coinvolgere pure il Movimento 5 Stelle.

(CHI E’ CLAUDIO BORGHI: IDEE, PROPOSTE E PROGETTI)

RIFLETTORI SULLA TOSCANA

Agli occhi del Carroccio, la Toscana ricopre un ruolo fondamentale, un’importanza nazionale nella strategia politica del partito, che lì nel 2010 raccolse il 6,48%. Innanzitutto, ragionano i leghisti, vincere in quella Regione rossa è l’unico modo per indurre Renzi alle dimissioni, perché si troverebbe sconfitto in casa sua, battuto dall’avversario più feroce proprio dove alle ultime europee ha macinato consensi fino al 70% in alcuni Comuni. La realtà però un po’ più complessa: innanzitutto battere il Pd in Toscana per il centrodestra è una sorta di chimera, difficilmente i suoi candidati raggiungono il 40%. Detto ciò, se anche così fosse, non è affatto scontato che scatterebbero in automatico le dimissioni del premier. Ma tant’è, questa è la strategia. E Borghi, nei piani di Salvini, è l’uomo giusto per incarnarla, l’unico in grado di dare una valenza nazionale a una campagna elettorale altrimenti scialba e già definita.

(UNA RECENTE INTERVISTA DI FORMICHE.NET A CLAUDIO BORGHI)

L’ACCORDO CON FI, LE CONVERGENZE CON FDI E LO STRAPPO CON NCD-UDC

La cena di domenica ad Arcore tra Salvini e Silvio Berlusconi, al di là delle prese di distanza del leader leghista per non dare segni di cedimento, ha portato al patto sulle regionali. Sancendo l’asse per il Veneto a sostegno di Luca Zaia e probabilmente a catena pure quello in Toscana con la candidatura di Borghi. Il problema è che dalle parti di Firenze e dintorni gli azzurri avevano già pubblicamente manifestato sostegno alla candidatura a governatore di Giovanni Lamioni, presidente della Camera di commercio di Grosseto nonché vicepresidente nazionale di Unioncamere, imprenditore che ha fatto della promozione del brand della ‘Maremma’ una missione. Il coordinatore regionale forzista, il verdiniano Massimo Parisi, aveva espresso il sostegno del partito per Lamioni, così come era arrivato il placet di Area Popolare dopo il lavoro dietro le quinte del sottosegretario all’Istruzione in quota Ncd, Gabriele Toccafondi. Tuttavia, il nome di Lamioni ha subito trovato ostacoli dentro Fi, con il toscano ex tesoriere del Pdl e ora vicino alle posizioni fittiane, Massimo Bianconi, che ha parlato di uno schema da “forza Renzi”. Non bastasse, il veto di Salvini sul partito di Angelino Alfano sembra affossare del tutto quella candidatura, almeno nelle sue intenzioni unitarie.

A Berlusconi non dispiacerebbe nemmeno candidare l’ex sindaco di Pietrasanta Massimo Mallegni, ex socialista, assolto da ogni accusa dopo essere finito in carcere nove anni fa per una vicenda di presunta corruzione poi sgonfiatasi. Ma Mallegni in realtà ambisce a riprendersi il Comune, così appare fuori dai giochi.

Resta infine da sciogliere il nodo del rapporto con Fratelli d’Italia: l’unico candidato ufficialmente in campo nel centrodestra, prima che la Lega schierasse Borghi, era infatti il consigliere regionale Giovanni Donzelli del partito di Giorgia Meloni, che si è guadagnato di recente una certa notorietà nazionale per le sue battaglia contro i finanziamenti alla società poi fallita di Tiziano Renzi, padre del premier. Dati i buoni rapporti tra Fdi e Carroccio, l’accordo sembra scontato e Donzelli potrebbe diventare uno dei principali cavalli di battaglia del candidato salviniano.



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