Con i modi che gli sono propri, il marchese Giulio Terzi di Sant’Agata sta completando la sua trasformazione da diplomatico puro a politico vero. Prima ambasciatore (Israele e Usa) e poi ministro degli Esteri nel governo di Mario Monti, da cui si dimise in disaccordo sul rinvio dei due marò in India con un annuncio a sorpresa nell’aula di Montecitorio il cui ricordo fa ancora tremare le vene ai polsi al Professore, Terzi da qualche tempo si muove nell’arena della politica.
Ufficialmente fa parte di Fratelli d’Italia, in cui occupa un posto nell’ufficio di presidenza. Da quella posizione è diventato il principale consigliere di Giorgia Meloni in politica estera. Contribuendo a dare la linea sulle vicende internazionali al piccolo partito nato dal mancato ingresso degli ex An in Forza Italia. E’ sua, per dire, la regia della cena organizzata con Marine Le Pen, cui hanno partecipato un paio di settimane fa la stessa Meloni, Matteo Salvini, Ignazio La Russa e naturalmente Terzi.
Ma l’ex ministro vuole andare oltre Fdi. Per questo osserva ogni piccolo movimento tellurico nel terreno del centrodestra. E’ stato visto, per esempio, anche a un convegno organizzato dalla fondazione Fare Futuro di Adolfo Urso e da Raffaele Fitto al tempio di Adriano a Roma per “svegliare il centrodestra”.
“Tutto quello che si muove nell’area moderata mi interessa. Fratelli d’Italia deve guardare a tutti quegli interlocutori che vogliono costruire un’opposizione seria al pensiero unico di questo governo”, spiega Terzi. “Specialmente in vista delle future elezioni, bisogna andare oltre gli stereotipi e gli steccati tradizionali della destra e aprirsi a tutte le forze e le personalità che possono contribuire alla costruzione di un’alleanza”, aggiunge. Il modello, è quello del Front national di Marine Le Pen, “una figura di grande spessore che ha saputo costruire un partito molto diverso da quello di suo padre, basti pensare alle prese di posizione pro-Russia e pro-Israele”.
Per questo l’ex ambasciatore guarda con microscopica attenzione a ciò che accade in Forza Italia, all’opposizione interna di Fitto, ma anche alle fibrillazioni di Brunetta. Ma pure ai dubbi che assillano i pensieri di alcuni parlamentari di Ncd, che ieri si è divisa sul voto a Sergio Mattarella mentre Lega e Fratelli d’Italia hanno sostenuto il nome di Vittorio Feltri per il Quirinale. Ma anche un personaggio come Giulio Tremonti, parcheggiato in Senato nel gruppo di Gal, secondo Terzi è un elemento che va recuperato. Come pure grandi personalità del mondo laico e liberale, alla Antonio Martino per intenderci.
A destra, naturalmente, c’è l’ingombrante Lega di Salvini che macina voti e visibilità. “Non siamo gelosi del loro successo perché viaggiamo tutti verso lo stesso obbiettivo. Se i voti li ha Salvini non è determinante. Giorgia Meloni sta facendo un lavoro encomiabile e possiamo crescere molto”, osserva. Un percorso lastricato di parole come lotta alla corruzione, nuove politiche sull’immigrazione, ribellione alle politiche europee. “Tsipras è una grande lezione per tutti. La Grecia ha dimostrato che si può dire no ai parametri imposti dalla Germania e da Bruxelles. Il nostro governo, invece, accetta supinamente tutto quello che viene ordinato”, continua Terzi.
La tentazione di finire sotto il cappello berlusconiano l’ha avuta anche lui quando, uscito dal governo Monti, gli si prospettò la candidatura a sindaco nella sua Bergamo. Ma non se ne fece nulla. “Sono diventato ministro come tecnico e mi sono sempre tenuto lontano dalle forze politiche. Certo, ho le mie idee, ma come ambasciatore ho sempre rappresentato l’Italia. Ora, invece, sono libero e mi piace sentirmi parte di un progetto”, dice Terzi. Che non ha dimenticato i due marò. “Continuo a far sentire la mia voce, non possiamo abbandonarli a un processo iniquo, ma il governo Renzi si sta muovendo malissimo, è completamente inattivo. Solo dopo le mie dimissioni ho avuto la certezza che l’Italia aveva troppi interessi economici in ballo e non bisognava far innervosire gli indiani”.
Ma la marcia in più di Terzi sono i rapporti con parte dell’amministrazione americana e con Israele. Fu lui, quando era ambasciatore a Gerusalemme, ad organizzare la visita di Gianfranco Fini nel 2003. Mentre il filo diretto tenuto per anni con la Casa Bianca gli hanno fatto ottenere il primato di italiano più presente nei file di Wikileaks. Legame rafforzato, poi, con l’incarico di ambasciatore a Washington. Valore aggiunto non di poco conto per uno che ha come obbiettivo quello di costruire un’alternativa al renzismo. Ma sempre restando un passo indietro. Ad aspirare a tessere le fila di quel centrodestra che (ancora) non c’è.