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Grecia e Libia, due fulgidi esempi del tafazzismo europeo

Vero è che i tempi sono di per loro duri e difficili. Vero è che il baricentro degli interessi geopolitici ed economici è cambiato. Vero pure che la vecchia Europa è appunto vecchia, quindi soffre di quelle patologie caratteristiche della senilità, in particolare di tempi di reazione lunghi, più lenti rispetto ai giovani riflessi di Paesi ed economie rampanti.

Ciò detto, è comunque straordinario ed oramai intollerabile il tafazzismo autolesionista con il quale noi europei – ovvero coloro che abbiamo delegato a decidere – determiniamo le scelte in tema di politiche economiche e di sicurezza comunitarie. Ammesso che esista l’Europa, almeno due fatti in questi giorni farebbero pensare che siamo solo in presenza di una maionese di interessi nazionali spesso in contrasto tra loro.

Brevemente, il primo riguarda la questione greca. Un intervento immediato d’aiuto per un Paese dissennato e sregolato sarebbe stato anni fa irrisorio rispetto ai costi poi sostenuti e che (temo) dovremo sopportare. Così non è stato, purtroppo. Ed oggi l’Europa si ritrova a pagarne le tragiche conseguenze. Peraltro, pure tafazziani sono i risultati delle politiche sanzionatorie nei confronti della Russia e la gestione della crisi Ucraina, che di fatto pongono il nuovo governo greco in una posizione di forza nella trattativa, grazie all’orso Putin che, da volpe, si è prontamente offerto di sostenere le casse greche in caso di necessità. Ed anche la Cina non se ne sta a guardare dalla finestra, dato che un Pireo fa sempre comodo…  Un inciso: paradossale poi che ci si affanni in difesa di una moneta unica che è destinata a sgretolarsi se non si chiude velocemente un percorso di unità politica, fiscale e di mercato del lavoro comune.

Il secondo riguarda il tema della sicurezza. Per non infierire, quindi senza entrare nella tafazziana questione  dei confini europei, oggi viviamo ancora gli effetti di una sciagurata decisione – peraltro di matrice francese più che europea –  di intervenire militarmente in Libia dichiarando guerra ad un dittatore, quel “mostro” di Gheddafi che però teneva a bada diverse tribù in conflitto da secoli. Intervento armato avvallato sebbene criticato da un governo italiano allora in difficoltà per altre pruriginose questioni, legate per lo più alla sfera privata ed ai gusti sessuali del premier. Oggi,  la minaccia che proviene dalla Libia è reale e concreta, il Califfato preme minacciando di inviare migliaia di immigrati terroristi con migranti disperati, l’Europa che fa? Latita.

Quindi, al bando la retorica dei grandi propositi e dei voli pindarici, buoni solo per proclami di politici da comparsate televisive e convegni, la domanda ineludibile e definitiva che tutti noi europei dobbiamo porre per primi a noi stessi è una sola: la vogliamo davvero questa Europa Unita? Più presto riusciremo a darci una risposta chiara ed univoca, con tutti gli inevitabili oneri ed onori conseguenti di cui si è per troppo tempo discusso, tanto prima potremo affrontare le gravi questioni che affliggono questo nuovo ordine mondiale, uniti o ognuno per conto suo, ma senza isteria e ipocrisia.


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