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Sergio Mattarella, le priorità del Presidente

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

La solidarietà, per la prima volta nella storia della, chiamiamola così, “filosofia” presidenziale italiana, diviene elemento di unità nazionale. Non era ovvio prima, non lo è certo oggi. Unità e solidarietà sociale. Aleggia qui lo spirito delle encicliche di Giovanni XXIII, che molti interessati finti ingenui vollero leggere come estranee al Magistero di Pietro. C’è la percezione, nel discorso del Presidente Mattarella, della debolezza, della fragilità, della intrinseca debolezza del tessuto sociale italiano, provato da una crisi economica che dura “oltre ogni limite”. Limite politico, non solo economico.

Per la prima volta dopo il 1929, una crisi finanziaria mette a duro repentaglio la democrazia, l’identità nazionale, la tenuta sociale di molti Paesi europei. Senza ingenue intemerate contro l’Euro, che non è certo l’origine dei nostri mali, ma solo il suo veicolo, il Presidente Mattarella delinea le aree di grande sofferenza del nostro Paese. Le sappiamo tutti, ma è la prima volta che vengono elencate tutte insieme, dopo le note del Presidente Napolitano. In Sergio Mattarella, Presidente della Repubblica da oggi, c’è l’indicazione delle priorità politiche e presidenziali: i giovani senza lavoro, la più grande crisi demografica che l’Occidente abbia conosciuto dalle grandi migrazioni verso il “Nuovo Mondo”, necessita di trasformazioni grandi della Unione Europea e di tutto l’Occidente.

Per non parlare di tutto il globo, dove sarà sempre più difficile controllare l’ ascesa dei prezzi di produzione negli attuali BRICS, (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) e gestire la grande reindustrializzazione che, dopo il successo del Quantitative Easing della FED statunitense, investe il Nord America, in coincidenza del loro nuovo status di grandi produttori di petrolio.
Cambia un’epoca, cambiano, sempre molto più lentamente, i modelli concettuali, i criteri di interpretazione. Ma un cattolico democratico come il Presidente Mattarella, a parte la Fede, ha una linea sola: la solidarietà tra le classi sociali, il rispetto della persona umana, intesa come singolo e concreto uomo o donna, la sintesi tra ricerca della pace e identità nazionale, l’eredità delle grandi alleanze che hanno costruito i “trenta gloriosi” dell’economia e della società occidentale. Sembra, lo ripeto, di rileggere insieme il Codice di Camaldoli. E anche i testi di Emmanuel Mounier, il filosofo del personalismo tanto caro a Papa Paolo VI.

La politica è servizio, è anche ascolto dei “segni dei tempi”, e occorre tener fede agli impegni non solo con il presente, ma con il futuro, le nuove generazioni.

Esplicito è stato il riferimento del Presidente Mattarella alla riforma della Costituzione il che, detto da una figura come la Sua, custode integerrimo, e non solo da Giudice della Consulta, della Carta Fondamentale, fa ben pensare anche se il Presidente dice chiaramente che sarà arbitro, non giocatore in campo. I giocatori possono perdere, un arbitro non perde mai.

E non bisogna dimenticare la rilevanza che, nel testo del Presidente Mattarella, ha avuto la lotta alla corruzione, oltre alla repressione di tutte le organizzazioni criminali presenti sul nostro territorio e, come ricorda giustamente il fratello di Piersanti Mattarella, ucciso dalla mafia, ormai molto diffuse anche al Centro e al Nord.

Immagino che il Presidente Mattarella darà un grande stimolo alla lotta alla corruzione, che deforma, lo ricorda anche lui, le regole del mercato e impoverisce le imprese e i territori ancora sani.

E’ già e sarà in futuro un problema costituzionale, che implicherà non semplici leggine sulle attività bancarie, ma una vera e propria rivoluzione concettuale, legislativa, dell’Esecutivo, per evitare che l’economia grigia e nera faccia affondare quella legittima e “bianca”. E’ stato davvero un bene che il Presidente Mattarella se ne sia ricordato, con precisione, nel suo discorso di insediamento.

Sul terrorismo, Sergio Mattarella, il Presidente, ha chiarito due cose importanti, da meditare: non si tratta di guerra di “religione” nel senso classico, ma di un attacco a tutto l’universo mentale, culturale, fisico e economico dell’Occidente. Non è un’idea riduttiva, anzi, è un modo di leggere quello che sta accadendo in tutto il Grande Medio oriente come una minaccia primaria alla nostra vita comune, alla nostra stessa sopravvivenza come società. Non è stato un caso, qui, come un uomo tradizionalmente amico degli USA, come lui, abbia ricordato il povero bambino ebreo Stefano Tachè nell’attentato alla Sinagoga di Roma nel 1982, dove morì Stefano, di sette anni, e furono ferite 37 persone. Il Presidente Sergio Mattarella sa benissimo che, senza la tutela dello Stato Ebraico, senza la presenza di Israele nel Mediterraneo, ogni risposta al terrorismo jihadista diviene vuota e debole. Sergio Mattarella è stato, da Ministro della Difesa, un efficace amico dello Stato Ebraico e degli Stati Uniti.

E’ un cattolico democratico: gli USA sono un Paese alleato e amico che non va affatto abbandonato a certe seduzioni isolazioniste, che sarebbero esiziali anche per gli stessi USA.

Un popolo, quello italiano, che si senta, come dice il Presidente, “sempre più comunità”. Dopo lo Stato lontano e arcigno, la fusione progressiva delle masse e del loro Stato, dopo la guerra fredda, in una comunità pluralista e accogliente. Ancora il Codice di Camaldoli, magistralmente aggiornato ai nostri tempi.

Ancora buon lavoro, Signor Presidente!

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