L’Onu ha scelto: per il momento, la crisi libica verrà affrontata ancora seguendo la linea occidentale, basata su una soluzione politica. Si può riassumere così quanto deciso ieri dal Consiglio di sicurezza (qui il comunicato ufficiale diramato al termine dell’incontro), al quale ha preso parte anche il rappresentante dell’Onu per la crisi libica, Bernardino Leon, collegato in videoconferenza.
Non è passata, invece, l’idea di un intervento militare sostenuta dal Cairo, che con la sua aviazione ha prima bombardato le postazioni in Libia dello Stato Islamico, dopo la decapitazione di 21 copti egiziani.
Dunque, come emerge dal comunicato ufficiale, non sono state adottate risoluzioni e l’Italia non è citata.
LE RICHIESTE EGIZIANE
All’Onu il governo egiziano ha anche chiesto che venga imposto un blocco navale lungo le coste delle area dove sono presenti i gruppi affiliati all’Is, Derna in primo luogo, e revocato l’embargo sulle armi per il governo libico riconosciuto dalla comunità internazionale, quello di Tobruk, perché possa avere maggiori chance di imporsi sia sui terroristi, sia su quello parallelo, insediatosi a Tripoli.
LA POSIZIONE DELL’ITALIA
Roma, attraverso il proprio rappresentante al Consiglio, Sebastiano Cardi, ha ribadito invece che l’Italia, preoccupata per quanto accade a pochi chilometri dalle proprie coste e dal rischio jihadista, è pronta ad assumere un ruolo guida nell’iniziativa Onu. “Siamo pronti a contribuire al monitoraggio di un cessate il fuoco e al mantenimento della pace, pronti a lavorare all’ addestramento delle forze armate in una cornice di integrazione delle milizie in un esercito regolare e per la riabilitazione delle infrastrutture”. “Il tempo non è infinito, e rischia di scadere presto, pregiudicando i fragili risultati raggiunti” dalla mediazione Onu sostenuta dall’Italia, aveva già affermato il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni.