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Che cosa cambia per l’Italia con il petrolio low cost

Per la prima volta da molto tempo, sulle stime di crescita per l’Italia pendono rilevanti rischi verso l’alto. L’impatto congiunto dagli shock su energia e cambio, nonché dalle politiche economiche (incluso il QE della BCE), può valere potenzialmente, sotto ipotesi “caute”, lo 0,8% del PIL all’anno. Di questo, lo 0,3/0,4% è “aggiuntivo” rispetto alla nostra attuale previsione per il 2015 (0,4%). Tuttavia, prima di rivedere le previsioni scegliamo prudentemente di aspettare che l’impatto delle variabili esogene si rifletta in misura più tangibile sui fondamentali che guidano la domanda domestica.

Anche su questo fronte, comunque, il miglioramento del reddito disponibile per i consumatori e delle condizioni finanziarie per le imprese giustifica prospettive meno incerte rispetto al recente passato.

Le sorti del ciclo in Italia nel 2015 sembrano dipendere in misura cruciale dall’impatto dei seguenti fattori: il prezzo del petrolio, il tasso di cambio, le politiche economiche. Proprio dagli “shock” favorevoli su tali variabili, in buona parte esogene, sembra essere venuto infatti nelle ultime settimane un aiuto in parte insperato, in parte lungamente atteso, per le prospettive della congiuntura.

Un impatto importante potrebbe venire in primo luogo dal calo del prezzo del petrolio: ai valori attuali (brent=45,4 dollari al barile) il greggio risulta meno caro rispetto alla media 2014, di ben il 54% in termini nominali, e del 46% se valutato in euro. L’impatto “lordo”, consistente nel risparmio “nominale” sulle importazioni di petrolio, vale ben lo 0,9% del PIL. L’effetto netto sul PIL in termini reali è però inferiore, in quanto attenuato tra l’altro da:

1.il minor export verso i Paesi produttori di petrolio, che subiranno una forte contrazione del PIL (le esportazioni verso i soli Paesi OPEC sono state nel 2014 pari al 5,6% dell’export italiano);

2.una trasmissione non piena dei prezzi energetici a valle, che fa sì che la liberazione di potere d’acquisto per famiglie e imprese sia di entità inferiore (circa 0,7%);

3.la probabilità che una parte più o meno grande del potere di acquisto così liberato sia risparmiata piuttosto che spesa dalle famiglie.

Tenendo conto di questi tre aspetti, in base alle nostre simulazioni (condotte sul modello Oxford Economics Forecasting), se il prezzo del petrolio risalisse lievemente nel corso dell’anno, come nel nostro scenario centrale (che vede un petrolio a 57 dollari in media d’anno nel 2015), ne deriverebbe un impatto positivo di almeno 0,2% sul PIL medio 2015. Nel caso in cui il prezzo del greggio si collochi a 40 dollari in media d’anno nel 2015, l’effetto potrebbe ampliarsi ulteriormente sino a 0,3%. L’effetto maggiore sarebbe, via aumento del reddito disponibile reale ovvero del potere d’acquisto, sui consumi delle famiglie (+0,5%).

Dunque dallo shock petrolifero è lecito attendersi un impatto di 0,2/0,3% sul ciclo nel 2015. L’effetto potrebbe persistere e anzi ampliarsi nel 2016 e rientrare soltanto nel 2017. L’impatto non incluso nelle nostre previsioni sul PIL 2015 (che risalgono allo scorso novembre) è di 0,2%. La sensazione è che i mercati finanziari stiano incorporando al momento quasi esclusivamente l’impatto disinflazionistico dello shock energetico e non gli effetti in termini di maggiore crescita (che sono più ritardati e non si sono ancora manifestati che marginalmente).


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