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Le quattro tappe della centralità renziana

Non si è fatto in tempo a riflettere sul significato della scelta di Sergio Mattarella a Presidente della Repubblica nel contesto del cosiddetto “Patto del Nazareno”, per essere quasi costretti oggi a ragionare sui significati attuali delle trasmigrazioni individuali e di massa che stanno caratterizzando l’attuale fase politico-istituzionale italiana.
Occorre a tal riguardo aver sempre presente il significato strategico che ebbe l’avvento di Matteo Renzi a segretario nazionale del Partito Democratico: il passaggio dalla vecchia contrapposizione tra destra e sinistra alla nuova strategia renziana della centralità.

La centralità infatti costituisce la cifra essenziale della complessiva strategia politico-istituzionale che Matteo Renzi sta costruendo un po’ a marce forzate e un po’ con accordi politici variabili.
Si è infatti molto discusso delle cosiddette quattro (e non tre) distinte maggioranze: la prima per la conquista del partito, fondata sulle primarie semi-aperte; la seconda quella del cosiddetto “Patto del Nazareno” per le riforme costituzionali; la terza per il Quirinale; l’ultima infine per una vera e propria maggioranza di governo.

Ma a ben guardare, una strategia politica e istituzionale della centralità ha proprio bisogno di quattro maggioranze perché è la stessa Costituzione che ci illumina in questo senso.
Una maggioranza di partito fondata sulle primarie deve basarsi su un’ampia libertà di regole costitutive, trattandosi – come la stessa Costituzione prevede all’articolo 49 – di una libera associazione di individui.
Per le modifiche alla Costituzione è invece proprio l’articolo 138 a prevedere il significato profondo della maggioranza dei 2/3. Ed è in questo contesto che si inserisce il cosiddetto “Patto del Nazareno”.

Per quel che concerne il Quirinale, è ancora una volta la Costituzione vigente a prevedere che si possa procedere a maggioranza di 2/3 o a maggioranza assoluta dopo il terzo scrutinio.
Per quanto riguarda la maggioranza di governo, sappiamo infatti che è la stessa Costituzione a prevedere che le Camere deliberano a maggioranza non particolarmente qualificata.
Sono pertanto quattro le regole costituzionali che condizionano la costruzione e il funzionamento di una strategia di centralità che abbia l’ambizione di contenere al proprio interno le quattro diverse maggioranze.

Non si è pertanto sufficientemente riflettuto sulla necessaria connessione tra queste distinte maggioranze.
All’interno del Partito democratico sembra che si sia continuato a ragionare nella logica di un partito di sinistra alternativo alla destra.
In riferimento al cosiddetto “Patto del Nazareno”, vi sono state le due affermazioni contraddittorie: l’una tendente ad affermare che quel patto comprendeva anche il Quirinale; l’altra che tendeva a limitarlo alle sole riforme costituzionali.
Riguardo all’alleanza di governo, è da registrare una sostanziale difficoltà a distinguere tra vere e proprie tentazioni di salire sul carro del vincitore e pretese anche oggi confermate di natura politica.

Da un lato infatti si ripropone il problema dei cosiddetti “responsabili”; dall’altro vi è chi sembra ancora intenzionato a considerare il patto di governo come un qualcosa fortemente distinguibile dalla stessa strategia della centralità renziana.
È necessario ancora una volta prendere coscienza pertanto che siamo in presenza di una vera e propria strategia politica complessiva che è passata dalla vecchia contrapposizione tra destra e sinistra a una nuova situazione politica nella quale la strategia della centralità sembra di volta in volta fagocitare le posizioni politiche che sono rimaste ferme al vecchio paradigma.

La domanda di fondo rimane dunque quella dell’esistenza o meno, non tanto di una alternativa a Matteo Renzi – che come tale è sempre possibile – quanto di una alternativa alla centralità renziana.
Se è vero che in geometria non esistono due centri, dovrebbero essere altrettanto vero che le parallele non possano convergere.


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