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Ecco il vero Islam che deve far paura. Parola di Tahar Ben Jelloun

Si può non temere l’Islam, oggi, dopo le minacce, le parole d’ordine gridate, le stragi? È un timore giustificato? E soprattutto: l’Islam è davvero, per sua natura, violento e antidemocratico come molti lo dipingono sull’onda degli ultimi avvenimenti? Domande a cui ora più che mai è difficile dare una risposta, soprattutto alla luce del fatto che c’è chi compie le più spietate efferatezze e dice di farlo in nome di Allah. Domande alle quali lo scrittore, poeta e saggista marocchino Tahar Ben Jelloun dedica il libro “È questo l’Islam che fa paura” (Bompiani 2015), sviscerandole in un dialogo immaginario con sua figlia francese di origini musulmane.

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BEN JELLOUN: UN NARRATORE DEL PRESENTE

Ben Jelloun descrive lo sdegno dei musulmani moderati di fronte a un fondamentalismo che deturpa la vera fede in Allah. Ma fa anche riflettere sulle responsabilità di noi occidentali, spesso indifferenti – dice – ai gravi disagi degli immigrati di prima e seconda generazione che popolano le nostre città.

Il volume è stato presentato ieri pomeriggio nella cornice dell’Institut Français-Centre Saint Louis di Roma, in una sala gremitissima. A moderare l’incontro, il giornalista di Radio Rai Giorgio Zanchini che ha definito Ben Jelloun «un narratore del presente, capace di raccontare sia l’Islam che l’Occidente in maniera equilibrata, senza scontentare nessuno» e “È questo l’Islam che fa paura” «uno dei suoi libri più felici».

IL POTERE ATTRATTIVO DELL’ISIS

Uno dei punti focali del libro riguarda la spiegazione di cosa siano la jihad e l’Isis, di come sia nato e riesca a fare proseliti. L’autore si chiede come sia possibile che i «figli di islamici, magari di seconda generazione, possano essere attratti da questa barbarie». E rintraccia nella tecnologia la causa di questa fascinazione collettiva: «Si tratta di una propaganda molto ben fatta, tutto è ripreso nel minimo dettaglio, con effetti speciali di stampo hollywoodiano». Volendo dare una spiegazione psicanalitica, Ben Jelloun racconta che «c’è molta gente, soprattutto giovani delle periferie ma non solo, che seguono e si appassionano a questi “videogiochi”. Storie di ragazzi che decidono di convertirsi e poi vanno a morire in nome di una presunta fede se ne sentono tante». È questo, per lo scrittore, «il mistero della seduzione».

L’ASSURDO E L’ORRORE

«L’Isis è riuscito a trasformare l’istinto di vita in istinto di morte» spiega. Ma «l’Islam non è questo. Non è né violenza, né terrore, ma anzi è andare verso il prossimo. Nell’Islam non ci sono bandiere nere, al massimo verdi (colore simbolico che rappresenta la vita, ndr)». L’autore sostiene che i fondamentalisti dell’Isis abbiano piegato la religione a loro favore, strumentalizzandola in maniera cieca e stupida per dar vita a un circolo vizioso in cui «assurdo e orrore fanno a gara».

LE RESPONSABILITÀ DEI PAESI ARABI E DELL’OCCIDENTE

Ben Jelloun non manca di aprire un delicato capitolo sulle «grosse responsabilità dell’Occidente, ma soprattutto dei paesi del Golfo», rispetto all’attuale situazione. «Se lì ci fossero valori di rispetto per la vita umana tutto questo non esisterebbe. E invece sono 60 anni che assistiamo a un susseguirsi sempre più grave di tragedie che adesso si sono trasformate in orrore totale», spiega. Tornando all’Occidente, l’autore dice che «l’America ha sempre avuto un ruolo strano, ambiguo nei confronti di Bashar al-Assad che ha continuato a massacrare la popolazione perché Obama e l’Europa tutta hanno fatto un passo indietro». Per non parlare della Russia di Putin, che con «una manovra “straordinaria” ha deciso di ingaggiare islamisti radicali per dimostrare che, in fin dei conti, il regime di Bashar al-Assad rappresentava il male minore. Ed ecco quello che ne è venuto fuori».

Per lo scrittore, l’Occidente «è paralizzato dalla crisi economica e politica. Con gli aerei non si risolve molto, e questa è una guerra che invece va combattuta sul campo. Ciò detto, non vedo perché l’Olanda o la Francia, ad esempio, debbano mandare i loro figli a combattere una guerra contro l’Islam. Non sono pronti né intenzionati a farlo». L’autore spiega di non aver fiducia neppure nei servizi segreti francesi: «Basti pensare a quello che è successo con Charlie Hebdo. L’intelligence è stata totalmente incapace di gestire la situazione, tanto che adesso si è riconciliata con i servizi del Marocco per avere un supporto». L’unica soluzione per il saggista sarebbe «tornare alle origini e rinunciare ad alcuni interessi in quelle zone», ma spiega «sinceramente non credo sia qualcosa di realizzabile».

LO SBILANCIAMENTO NEI CONFRONTI  DI ISRAELE

In “È questo l’Islam che fa paura”, Ben Jelloun insiste anche sul concetto dei «due pesi e due misure nel conflitto israelo-palestinese». Questa «politica inattaccabile di Israele, che porta a dire che antisemitismo e antisionismo sono la stessa cosa, è estremamente dannosa». Ragionamenti del genere per l’autore «innescano e legittimano forme di radicalismo». E spiega: «Se davvero gli Stati Uniti avessero voluto sbarazzarsi dell’Isis o di Boko Haram lo avrebbero già fatto, senza problemi» ma evidentemente «sono più interessati ad avere un mondo arabo diviso e debole». Questo perché, rincara il saggista, «un mondo arabo unito e forte non fa comodo a Israele e di conseguenza a Washington».

IL PROBLEMA DELLA LAICITÀ

Altro tasto dolente rintracciato nel libro è il principio di laicità e del rapporto tra lo Stato e la Chiesa. La blasfemia nell’Islam è un tabù assoluto. Molti in Italia all’indomani della strage di Charlie Hebdo hanno puntato il dito contro Charb e compagni accusandoli di essersela cercata, basti pensare alla battuta di Papa Francesco sul tema. «Il problema è che ogni popolo si evolve a modo suo» spiega Ben Jelloun. «In Francia c’è spirito di libertà, poiché ci si è nutriti del pensiero di Hugo, Voltaire, Zola e ci si è sbarazzati della Chiesa nel 1905». Ma questo spirito non potrebbe mai essere colto da uno Stato musulmano: «I musulmani non sono pronti a rinunciare alla loro fede. Charlie Hebdo è sempre stato irrispettoso nei confronti di tutte le religioni, persino la loro. Ma questo è difficile da far capire».

L’EDUCAZIONE ALLA LIBERTÀ E LE RADICI INGOMBRANTI DEL COLONIALISMO

«Bisogna fare un grosso lavoro, io l’ho fatto e insisto perché vengano insegnate la storia delle religioni e delle libertà nelle scuole, poiché il nostro sistema educativo non si è ancora liberato da molti dogmi» spiega l’autore. «Io sono per la libertà di coscienza che al momento, sul fronte mediorientale, è stata conquistata solo dalla Tunisia dopo la primavera araba». «Ognuno ha diritto di pensarla come vuole – continua Ben Jelloun – ognuno ha i suoi riti, le sue usanze». E specifica che il grado di evoluzione di un Paese «lo si capisce dalla condizione della donna». Sul rapporto tra Francia e Islam, invece, spiega: «E’ una storia vecchia, frutto di un passato coloniale, che affonda le radici nella guerra d’Algeria. E il colonialismo, ricordiamolo, è generato dal razzismo». Il problema vero, per Ben Jelloun, è che «non ci sono uomini abbastanza coraggiosi da chiudere questo capitolo, e inaugurare una nuova politica».



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