Ha innescato reazioni forse impreviste l’uccisione del pilota giordano Muath al-Kasaesbeh da parte del Califfato Islamico. L’uomo è stato bruciato vivo, ripreso da una telecamera e poi il video è stato montato nei minimi dettagli, visto e rivisto da chi aveva il compito di rendere la sua uccisione un messaggio di propaganda.
A CHI SI RIVOLGE ISIS
Formiche.net si è chiesta più volte come sia cambiata la comunicazione di Isis nel corso del tempo e quali possano essere, effettivamente, i pubblici cui si rivolge: i governi occidentali? I cittadini che ritrovano, a portata di click, video e immagini di uccisioni? Lo scopo, sicuramente, è infondere terrore e paura, ma nel caso dell’assassinio del pilota giordano una delle reazioni è stata il riposizionamento del mondo islamico rispetto alla minaccia jihadista.
LE EMITTENTI DEL TERRORE
Emittenti televisive, magazine, case di produzione video, stazioni radio e televisioni satellitari sono alcuni degli strumenti di propaganda del Califfato, come ha spiegato Alma Pantaleo su Formiche.net. Ma come suggerisce Angela Manganaro sul Sole 24 Ore “I terroristi hanno lo stesso problema dei giornalisti normali: riempire i palinsesti” e così si differenziano formati e messaggio, non solo violenza ma anche parole. Un esempio è il caso del giornalista John Cantlie, diventato ormai l’inviato speciale del Califfato, suo malgrado.
COSTRUZIONE DI UN MONDO PARALLELO
L’attenzione e la cura con cui Isis crea contenuti propagandistici apre le porte a una nuova visione del mondo, costruita con i mezzi che le attuali tecnologie offrono e di cui il mondo occidentale si fa portatore. Come scrive Fabio Chiusi sull’Espresso, i media del Califfato fanno presa sulla viralità dei Social Network e “sul rimbalzo nei media tradizionali” e aprono il dibattito su come il giornalismo debba o possa affrontare questo tipo di messaggi senza veicolare la propaganda in essi sottesa.
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