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Vi spiego perché Berlusconi con Salvini è andato in confusione

Da un punto di vista strettamente politico, il patto del Nazareno conveniva più a Renzi che a Berlusconi. Purtroppo, le cose si sono messe in modo tale da determinare un caso classico di “dilemma del prigioniero”.

Come è noto, nella moderna teoria dei giochi esso designa una situazione in cui un comportamento non vantaggioso per due giocatori viene preferito a un altro potenzialmente più vantaggioso per entrambi. E ciò accade a causa di un eccesso di (razionale) sfiducia reciproca.

Tornando al nostro caso, può quindi accadere che chi intende rispettare un patto rischia di trovarsi spiazzato nei confronti di un contraente di cui non si fida più, per cui è indotto (razionalmente) a fare come lui.

Come se ne esce? Francamente non lo so. Come dimostra l’esperienza del calcio, tuttavia, la campagna acquisti al mercato di riparazione invernale non ha mai fatto vincere a una squadra lo scudetto. Un allenatore scaltro come Renzi dovrebbe saperlo.

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“Farsi candidi come volpi e astuti come colombe. Confondere le piste, le identità. Avvelenare i pozzi” (Franco Fortini, “Verifica dei poteri”, Il Saggiatore, 1965). In fondo, a questa etica del nicodemismo del suo illustre concittadino si ispira la politica del premier (con le sue maggioranze variabili in Parlamento e nello stesso Pd).

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Come forse qualcuno ricorderà, nel 1997 il (da me) compianto scrittore Ruggero Guarini pubblicò su Panorama un saggio sulla “banalità del bene” (che parafrasava il titolo del celebre Report di Hannah Arendt). Il suo passo centrale a mio avviso era questo: ” […] se è verosimile che un mondo dominato interamente dall’indomita furia del fare sarebbe un mondo infernale, ma resterebbe pur sempre un mondo, un mondo animato soltanto dalla nobile smania del castigare non sarebbe neanche un mondo, giacché si estinguerebbe in un istante”.

Vengo al dunque. Non mi sono mai iscritto al club del castigo, e non penso che Berlusconi sia socio del club del delitto. Credo invece che l’ex Cavaliere, con il suo endorsement per Matteo Salvini, sia semplicemente andato in confusione. Credo cioè che sia tentato di votare e di mandare a ramengo tutto e tutti proprio perché la “sua indomita furia del fare” sembra ormai spenta, sopraffatta da un grumo di passioni viscerali “del tutto arbitrario e perciò stesso insondabile”, come direbbe Guarini, le cui ragioni sono radicate nelle “cripte del carattere”.

Se è così, gli italiani si devono rassegnare. Li aspetta un’altra stagione della storia repubblicana all’insegna dell’insulto, del conflitto e – alla fine – ancora una volta inconcludente sul piano delle riforme economiche e istituzionali che servono davvero al paese. Ma con partiti zeppi di maggiordomi di leader narcisi o al tramonto, è un destino che forse ci meritiamo.


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